Presentazione e commenti sul film "Leoni al Sole" del
Marchese Aldo Sersale, proprietario dell'Hotel le Sirenuse di Positano, partecipe di una scena del film di Vittorio Caprioli
LEONI AL SOLE Soggetto e sceneggiatura di: VITTORIO CAPRIOLI RAFFAELE
LA CAPRIA FRANCA VALERI
In lontananza, cancellato da una foschia
luminosa, il profilo della Costa amalfitana pare quasi irreale. Il mare è
piatto, un olio denso. Ora la vediamo più vicina la costa, già si distinguono i
dadi bianchi delle case appollaiate in cima alle insenature; due voci che
sembrano nascere dal mare, F.C., dialogano sommessamente. Sono le voci di
Scisciò e Pelos. SCISCIO' Secondo me, sono due anni, qua la civiltà è
cambiata. PELOS Siamo entrati in una nuova fase. SCISCIO' Prima le cose
erano diverse qui, veniva il ricco che si voleva divertire. Ora tutti arrivano
coi torpedoni, tutti hanno scoperto Positano, hanno scoperto Capri, i milanesi
si so' pigliati Ischia, sono le nuove invasioni barbariche. PELOS Siamo gli
ultimi sopravvissuti. A filo dell'acqua vediamo a venti metri di distanza la
spiaggia che a quest'ora è assolata, bianca e deserta. Entra in campo un
materassino matrimoniale galleggiante. Come due regine d'oriente, vi sono
sdraiati sopra, in una inerzia assoluta, con un braccio morto alla deriva
sull'acqua, Scisciò e Pelos. Scisciò, ragazzo quarantacinquenne, ha ancora un
fisico passabile e due occhi blu di bambino. E' il più vecchio, il più ostinato
ed il più saggio dei leoni. Pelos, ragazzo trentasettenne, rassomiglia ad un
piccolo Bacco, rotondetto e piacente come un neonato, la cosa più irresistibile
in lui è il sorriso, comunicativo, trascinante. Il materassino è seguito da un
cane mastino napoletano, enorme, con due cotolette al posto della bocca, lo
chiamano "il commendatore". Mentre vediamo le nuche dei due allontanarsi,
sentiamo ancora brani della loro conversazione. SCISCIO' Io mi faccio il
bagno. PELOS No, aspetta. SCISCIO' Gli anni scorsi a giugno non era stato
mai così caldo, eh?… PELOS Belle giornate! SCISCIO' Ma Mimì ha detto che
veniva, poi non s'è fatto più vivo. PELOS Eh… quello finchè non persuade il
padre… SCISCIO' Ci vogliono delle idee, Pelos, chi non ha idee non emerge.
Solo così si può risolvere, tu lo sai meglio di me… Lasciando Scisciò e Pelos
sul materassino e panoramicando altrove, vedremo apparire ora insieme ai primi
TITOLI DI TESTA, nella sua bellezza, Positano. DISSOLVENZA Pelos è vestito
di un solo paio di pantaloni, celeste sbiadito, arrotolati sopra la caviglia, e
con la vita molto al di sotto dell'ombelico. La sua pancia è piuttosto
prominente. I capelli riccioluti e ancora bagnati per la doccia, un asciugamano
al collo. Mentre passa un segno della sua popolarità è dato dai saluti che dà e
che riceve, e da una carezza ironicamente voluttuosa che un altro leone gli fa
sulla pancia, non senza sottintendere che comincia a sporgere un po'
troppo. UN LEONE Pelos Bellapanza! PELOS Giù le mani, giovanotto! Dice
Pelos con faceta noncuranza. E lo vediamo entrare nella BUCA DI BACCO, che è il
centro del paese, come una piazza sulla spiaggia, dove tutti si danno convegno e
si ritrovano nelle ore deputate. Pelos si avvicina alla cassa dove, con gli
occhi abbassati su un sudicio libretto pieno di cifre ed annotazioni c'è il
proprietario della Buca. Sul banco, accanto a lui, c'è il telefono. Pelos ora
afferra il ricevitore. Il proprietario solleva gli occhi dal suo libretto, e il
suo sguardo s'incontra, in una muta sfida, con quello disarmante di
Pelos. PELOS Signorina, mi dia Napoli, 381-811. Urgente. PROPRIETARIO
Centoventicinque lire la telefonata, eh! PELOS Miserabile! PROPRIETARIO
Dalli!… PELOS Ma non lo vedi come ti seri ridotto a pensà sempre ai soldi
?! PROPRIETARIO (mostrando il libro dei conti) - Scusate, che ci sta scritto
qua sopra? PELOS Sta scritto "cassa"… PROPRIETARIO Sta scritto il nome
vostro… PELOS Uhuhhhhh!… PROPRIETARIO Vedete quante pagine, uno, due, tre,
quattro… Sul libro cassa vedremo annotati con molta evidenza gli anni a cui
si riferiscono i debiti di Pelos. Risalgono al 1948. PELOS Tu conta, conta…
Tu qua per questo stai, a contà. Mo' fammi parlà, non mi scoccià… Il telefono
squillerà nel salone della casa di Mimì, a palazzo Don Anna, a Napoli. Il
telefono è vicino alla finestra. Dalle imposte socchiuse penetrano frecce
luminose provenienti dal mare, e ondeggianti sulle pareti bianche. Il salotto,
che adesso scopriamo, è arredato con grande buon gusto e tutto è meticolosamente
ordinato e lustro. F.C. si sente la voce irritata di Rosaria, la cameriera, che
si rivolge al telefono come se fosse una persona. ROSARIA Un momento, un
momento, ih che prescia che tieni… Ed ora vediamo Rosaria entrare in campo,
avvicinarsi al telefono e staccare il ricevitore. L'aspetto di Rosaria contrasta
con l'ordine e il buon gusto della casa. Rosaria è in ciabatte, un brutto
vestito, e i capelli non bene ravviati. Sembra un grosso topo
casalingo. ROSARIA Pronti. PELOS Rosà, chiami il signorino
Mimì… ROSARIA Voi chi siete? PELOS So' Pelos, Rosa'… ROSARIA Sta
dormendo. Non lo posso svegliare. PELOS Va, va, va… non te ne incaricà. Mi
assumo io la responsabilità. Brontolando Rosaria si avvia in un'altra stanza,
apre la porta, si vede un altro salone con una scala di legno che porta sopra il
soppalco. Lì è la camera di Mimì, stretta come un corridoietto. Dopo aver
chiamato "signorino Mimì" una, due volte, Rosaria, sempre brontolando, sale
sulla scaletta e arriva nella camera di Mimì. Non c'è nessuno. La camera sembra
una vera tana di leone, tant'è il disordine. C'è, accanto all'orinale, un piatto
con delle ossa di pollo spolpate. Una bottiglia di whisky. In un bicchiere,
spenti, in un dito di whisky, quattro mozziconi lunghissimi di sigarette. Al
muro è appeso un fucile subacqueo con tridente, un ramo di corallo davanti alla
fotografia di una donna, col sedere in P.P. C'è una dedica "a Mimì con tutto il
cuore". Indescrivibile è poi il groviglio di materassi e lenzuola. Vicino al
comodino, unici libri, molto numerosi di "Topolino" e la "Settimana
Enigmistica". Rosaria esprime in modo evidente e tonto la propria meraviglia
e sorpresa. Poi si affretta e ritorna verso il telefono, e quasi con un grido
dice: ROSARIA Non c'è, è uscito, è uscito, s'è svegliato non c'è. Il tono
allarmato di Rosaria dovrà trasferirsi immediatamente alla MACCHINA da presa che
carr. all'indietro e uscendo dalla casa, darà l'impressione di voler
affannosamente andare alla ricerca di Mimì. In questo modo facciamo l'itinerario
di Mimì per le strade di Napoli, fino allo studio del padre, che si trova in un
vicolo di Toledo. L'itinerario si svolgerà nelle seguenti fasi: Attraverso il
finestrino di un autobus, rapida visione di una strada di
Napoli; Attraversamento di una striscia pedonale con macchine che sfrecciano
e rumori di clacson; Attraversamento di una strada caratteristica del centro
di Napoli; Un portone; Una scala; Una porta a vetri con su
scritto"ACAMPORA IMPORT EXPORT". La porta si apre. Dietro una scrivania un
signore, il padre di Mimì, solleverà gli occhi sul figlio. PADRE Mimì.
Abbiamo cominciato un'altra estate, eh?… MIMI' Papà, oggi alle cinque parte
il vaporetto, sono venuto… tu lo sai, no?… PADRE Sì, lo so, lo so, Mimì lo
so, ogni estate è sempre la stessa cosa. Io all'età tua già avevo fatto te. A
tredici anni, andavo in fabbrica del nonno a lavorare… MIMI' E tu sei bravo,
papà, io sono un fesso, mi vuoi dare queste ventimila lire, oppure debbo andare
a chiederle a mammà?… PADRE Mimì, ma poi tra l'altro sei pure indisponente,
perché io, mo, mi fai venì la voglia di non dartele 'ste ventimila
lire… MIMI' E papà, ma tu le fai pesare, eh? Mi umilii, ogni volta che uno ti
chiede una lira, pare che ti levasse un dente da bocca. I soldi li tieni, sei
uno abbastanza ricco, perché non ce li dobbiamo godere, 'sti soldi? PADRE No,
non siamo ricchi, sono io che lavoro come un cane, dalla mattina alla sera. Me
li fatico, io i soldi. MIMI' Embè, papà, visto che ci stai tu, perché debbo
fatigà pure io?… Ho un papà lavoratore. Pensa a quanti infelici non lo tengono
un papà lavoratore… PADRE (spazientito) Teh, pigliati ste ventimila lire e
vattene!… Chè proprio, se ti vedo, mi vengono i nervi, eh! Il braccio peloso
di Mimì afferra le ventimila lire, e vediamo Mimì spensierato avviarsi alla
porta. Sulla soglia lancerà al padre: MIMI' Baciamo le mani,
eccellenza… … e uscirà cantando"Me so' 'mbriacato 'e sole". Il padre
scuoterà la testa rassegnato. Urlo di sirena del vaporetto che sta uscendo
dal molo Beverello. Poi vedremo il vaporetto isolato in mezzo alla distesa del
mare. Mentre gli ultimi TITOLI DI TESTA si svolgeranno vedremo il vaporetto che
esegue la manovra di attacco al porticciolo di Sorrento. Appoggiato al muro
del molo, battuto dal sole, noncurante, in apparenza, al passaggio della folla
dei turisti, vediamo un ragazzo dell'età di ventisei anni circa, con una
camicetta che pende fuori dei pantaloni, con elegante trasandatezza, gli
occhiali dalla grossa montatura di tartaruga, e una faccia di bambino assonnato.
E' Cocò. La sua apatia si trasformerà improvvisamente in germanica correttezza,
come inchino e saluto a piedi uniti, al passaggio di una elegante vecchia
signora. COCO' Principessa… La principessa accennerà un saluto. Ultimo a
scendere, tra i passeggeri del vaporetto, è Mimì. Vedrà Cocò e i due si
saluteranno sollevando appena il mento. Una valigetta tempestata di raffinate
etichette cosmopolite è l'unico bagaglio di Mimì. Come se fosse il suo dovere,
Cocò afferra la valigetta dalle mani di Mimì, e vedremo i due disperdersi tra la
folla. Come un commendatore, vediamo Mimì seduto comodamente nel sedile
posteriore di una grossa 1400 decappottabile. MIMI' Cocò, è la seconda volta
che te lo dico. Per favore non farmi ripetere le cose. Le curve non le devi
piglià così. Chi ti ha messo in mano la patente, lo volessi proprio sapè. La
strada è quella che porta da Sorrento a Positano, piena di curve e di
prospettive di paesaggi. La macchina ora entrerà nel cortile di una villa che
domina dall'alto il mare. Una cameriera accoglierà con deferenza i signorini.
Cocò è il proprietario della villa, Mimì esercita su di lui un potere assoluto.
Cocò precede Mimì attraverso le stanze della villa, seguiti dalla cameriera
Mariettina, che porta la valigia. COCO' Mimì, mammà s'è tanto raccomandata.
Quando ha saputo che venivi tu, ha detto: benissimo, però digli che quest'anno
si comportasse a dovere… MIMI' Ah, non ci stanno ancora e già cominciano a
scocciare… COCO' Ma tu, Mimì, eh, li devi capire. Due anni fa dovemmo
licenziare la cameriera, poi ti portasti pure quella contessa rumena… MIMI'
Ah, Cocò, ma io me ne scappo. Me ne vado ospite da Filino. COCO' E' bello, è
bello, è bello, è bello… (fa Cocò per calmarlo come si usa coi
neonati). Siamo ora in una stanza che affaccia con due ampie finestre sul
mare. Mimì si dà uno sguardo intorno e poi dice: MIMI' Però mi devi fare un
piacere. Io quel lume nella stanza non lo voglio. Mi devi usare la gentilezza di
levarmelo di torno. COCO' Perché, che tiene quel lume? MIMI' Finta
opaline, comprato a piazza Francese, vengono dalla Cecoslovacchia, fatti in
serie, costo lire dodicimila, va bene? In più è il gusto di tua madre… COCO'
Embè?… MIMI' Piccoli borghesi, non per offenderti, tanto anche mia madre è
della stessa razza, con manie di grandezze, e poi vogliono insegnare uno come si
deve comportare, come se ci fosse qualcosa di male; la casa era deserta, non
c'era nessuno, nemmeno tu, che male ci sta se uno si porta una contessa o se si
vuole un po' divertire con Carmelina? E' inutile, questi atteggiamenti piccoli
borghesi del cavolo. Durante questa ultima battuta di Mimì, la MACCHINA avrà
fatto i seguenti movimenti: avrà superato la faccia in P.P. di Mimì, e si
sarà affacciata dalla finestra su di un gruppo di case positanesi che guardano
il mare; panoramicando dal basso verso il cielo e poi dal cielo verso il
basso, scoprirà Mimì e Cocò seduti al bar della piazzetta della Positano alta,
insieme a Frichì e altri loro amici. Frichì è un ragazzo trentacinquenne
leggermente obeso. Vediamo ora avvicinarsi al gruppetto, un tipo con il
colletto della camicia rovesciato all'insù e con le fodere delle tasche dei
pantaloni rovesciate all'infuori in maniera innaturale. Frichì lo guarda e
dice: FRICHI' Ma la finisci di fare il ridicolo? Abbiamo visto benissimo che
la fodera delle tue tasche è della stessa stoffa della camicia. A parte il fatto
che il gusto della cosa è discutibile… IL GIOVANE Ah, voi lo avete notato?
Allora posso ricompormi… Dicendo questo rinfodera le tasche e si stravacca
sopra una sedia. Mimì, alzandosi e mostrando il perfetto appiombo dei suoi
pantaloni: MIMI' Eppoi il pantalone è pure sbagliato, non è fatto a piedi di
tavolino. Lo vedi come è fatto il mio? London House. La vita dev'essere a
quattro dita sotto l'ombelico, perché sempre là finisce che sta, se invece è
fatto come il tuo, con la vita alta, in una posizione innaturale, capita che ti
scende la vita, e insieme il cavallo, in mezzo alle ginocchia… eppoi il calzone
deve essere risucchiato sulla scarpa, mentre tu dai il passo, così, perché se no
il gioco del calzino non risulta. Impara e porta a casa! Conclude Mimì
sedendosi. Mentre lui sta facendo questa descrizione, si sente nell'aria il
rombo di un motore di una automobile da corsa, che disperso nell'immensità
dell'aria, rimandato dalle montagne, risulta impicciolito come il ronzio lontano
di un moscone. Cocò imita con la bocca la sveglia militare. COCO'
Ta-ta-tatà…ta-ta-tatà… Vediamo un giovanissimo attraversare la piazza, e allo
sfottò di Cocò, voltarsi con gesto minaccioso, come per dire: "Embè? Che vai
trovando?" Cocò rispondendo alla muta interrogazione degli altri,
dice: COCO' La patria lo chiama. Si stava facendo il bagno, l'altra mattina,
e gli è arrivata la cartolina. FRICHI' Pure a Nicolino e a Gigino Improta gli
è arrivata. MIMI' Buono! Così quest'anno la piazza è libera. FRICHI' Però
se lo meritano, eh? Noi alla loro età non eravamo così
indisponenti… Nell'aria s'avvicina sempre più il rombo dell'automobile. E la
scopriremo, come una macchiolina bianca, che corre pazzamente prigioniera delle
curve sulla montagna positanese. Due ragazze del luogo, una bellissima, appena
sbocciata, l'altra insignificante, con molta riservatezza, stanno sorbendo un
sorbetto. Frichì, con un solo sguardo, indica la più piccola a Mimì. In quel
momento arriva dinoccolato Pelos, che sembra non aver notato lo sguardo, non
appena è vicino ai due, spiega: PELOS E' la figlia di Evangelina la sarta (a
Mimì, buttandogli un pacchetto di Nazionali) eccoti le sigarette… In quel
momento, passa, non lontano da loro, Don Carlo, il parroco del paese. Pelos dice
rivolto a Frichì: "Aspetta" e di corsa si avvia verso il prete. FRICHI' (a
Mimì) E' l'ultima trovata di Pelos. Se gli domandi: "E' una brava ragazza?" don
Carlo risponde invariabilmente: "Buona, pura e osservante". Le confessa lui.
Quando però sa di mentire, gli si arriccia la fronte, così noi
capiamo. Pelos, tornando, da lontano, passandosi la palma della mano sulla
fronte. PELOS Fronte spianata! FRICHI' (rivolto a Mimì) Con la figlia di
Evangelina niente da fare. Guarderemo un'ultima volta le due ragazze che ora
si allontanano. Una brusca, stridente frenata fa voltare di scatto tutti.
Nella piazza si ferma una magnifica Jaguar a due posti, color latte, impolverata
e carica di bagagli. In P.P. vediamo lo sportello della Jaguar che si apre, e
due gambe, piuttosto belle, lunghe ed affusolate escono dalla macchina. Le
seguiamo, mentre si avvicinano al gruppo dei leoni, e F.C. sentiamo la voce
della proprietaria di quelle gambe. Si chiama Paola. E, con l'accento di una
straniera che si sforza di ricordare le parole italiane, dice: PAOLA Ah!
Tutti qua siete? Che piacere vedervi, qui, tutti uniti, cari è tanto che non vi
vedo, Pelos, oh, Mimì, Frichì, simpatici, ho sentito tanto la vostra
mancanza… Durante questa battuta osserveremo le reazioni di annoiato stupore
sulla faccia apatica dei ragazzi. Una breve pausa, e Paola, cambiando
completamente tono e parlando con accento normale, piuttosto napoletanizzato,
dice: PAOLA Embè? E' questa la maniera di salutare gli amici? Adesso la
MACCHINA inquadra Paola. E' veramente una bella ragazza, una napoletana bionda
con gli occhi celesti, che apparentemente ha la struttura fisica dell'inglese, e
che poi, dopo due giorni di esposizione al sole, denuncia chiaramente la
provenienza meridionale, con la pelle nera come nessuna inglese mai ha potuto
avere, anche un certo modo di gestire ed il ridere aperto, una struttura ossea
molto dolce sono altri segni rivelatori, ed insieme graziosi per il contrasto,
del fisico di Paola. PELOS Tu scrivevi la radio, elle apostrofo, aradio. Mo'
perché sei stata qualche mese a Londra, te ne vieni che parli come una
straniera. Ammetterai… Paola, superando l'obiezione, chiama Peter, di nuovo
esagerando l'accento inglese. PAOLA Peter, come here. Vi presento questo mio
amico inglese, mi raccomando, eh… Mentre Peter si avvicina, i ragazzi lo
osservano, con uno sguardo critico. Come figura, niente male. Alto, distinto,
gentiluomo tipico. Giovanilissimo, ma leggermente stempiato. Ora però non si
vede, perché porta un cappello di paglia. Mentre si avvicina, i ragazzi
commentano. PELOS Niente male le scarpe, Regent Street. Si accennano le
presentazioni, piuttosto confuse. Mimì subito dopo aver salutato con un "hello"
dice: MIMI' Io me ne vado da Scisciò. Pelos, Frichì Cocò e un altro pare
che siano molto più attratti dalla macchina. Infatti abbozzano un distratto
sorriso, e si avanzano verso la Jaguar, studiandone un particolare nuovo del
cruscotto. Peter e Paola rimangono dunque come isolati per un attimo. Paola
chiama un ragazzino. PAOLA Piglia le due valige bianche che sono sulla
macchina e portale alla pensione Sopramonte. Le altre a Villa d'Aquino. Nel
frattempo, due amiche di famiglia, due signore come chiocce, anziane e pettegole
ed espansive, riconoscono Paola e la chiamano da lontano con un gridino di
stupore. "Paola". Paola si volta e dice a Peter: PAOLA Ti raggiungo più
tardi. … e immediatamente si avvia verso le due signore con una faccia di
circostanza, anche lei doverosamente sorpresa e meravigliata ed affettuosa oltre
ogni dire. Un ultimo sguardo su Peter isolato in mezzo alla piazza, con il
ragazzo che intanto ha preso le valige, e subito ritorniamo sulle effusioni che
le due signore fanno a Paola. 1 SIGNORA Ma come, dico io, tu te ne vieni in
macchina… Quella zia Antonia stava così preoccupata, ti aspettava da ieri
sera, è pericoloso… 2 SIGNORA Paola, figlia mia, com'è cresciuta, proprio una
signorina, e che siluette! Quanti anni tieni mo?… 1 SIGNORA Ancora si può
dire… Stacchiamo su Frichì e Pelos che scendono per una stradina di
Positano. PELOS A me, nelle macchine inglesi, mi piace quel movimento, come
dire, seduto, della carrozzeria. … e per spiegarsi fa un movimento del corpo
che mima la forma della carrozzeria di tali macchine. Frichì ha adocchiato una
donna che sta passando poco distante. Si rivolge prima a Pelos, dice: FRICHI'
Aspetta un momento… (chiamando la donna) Assuntina, Assuntina… (indica Pelos)
domanda a lui. Lui non sa niente. PELOS Ma che è? ASSUNTINA Quello il
signorino Frichì dice che mi vuol far cambiare i denti. FRICHI' Non metterti
scorno, dì, dì', ASSUNTINA Eh, gliel'ho detto, dice che i denti d'oro non
s'usano più. PELOS E' vero. Perché l'hai mai vista un'attrice del cinema coi
denti d'oro? Roba da selvaggi. FRICHI' (ad Assuntina) Ridi,
ridi… ASSUNTINA E non mi viene… FRICHI' Pensaci sopra, non dire niente,
pensaci. … e con un cenno dell amano e con un sorriso, Frichì si congeda. I
due si avviano e dopo un po' Frichì dirà a Pelos: FRICHI' Goccia a goccia,
hai capito? Le metto il tarlo in testa. … e fa un gesto con un dito sulla
tempia. Intanto Mimì è arrivato davanti al portoncino della casa dove abita
Scisciò. Apre il portoncino e sale per la rampa di scale, che portano in un
orto. Sì, in un orto, così sono le case di Positano, addossate alla montagna.
Scisciò è intento a rastrellare delle patate che ha seminato. Saluta Mimì senza
eccessivo entusiasmo. SCISCIO' Uhè Mimì… MIMI' I pomodori non li hai
piantati? SCISCIO' E come no?… L'insalata di pomodori è la cosa più sana,
fresca… Stanno là. … e indica un punto dell'orto. Questo ci dà la possibilità
di fare della breve panoramica della casa con l'orto, e dall'orto si dovrebbe
vedere l'interno di un salone, con i mobili tutti coperti di lenzuoli bianchi,
mentre F.C. il dialogo continua: SCISCIO' Le patate crescono più presto, hai
capito, si fanno due o tre raccolti. A me mi piacciono molto queste che crescono
qua, sono più dolci. MIMI' E chi è 'sto bestione? … indica il cane (il
commendatore), fermo sulla porta che ogni tanto lancia sguardi verso Scisciò
come invitandolo ad affrettarsi, impaziente di uscire. SCISCIO' E' bello, eh?
Che ti credi, a Napoli ce ne stanno solo due o tre di questi… MIMI' Ma di chi
è?… SCISCIO' Della famiglia che tiene 'sta villa, dove ora io abito. MIMI'
Loro non ci stanno? SCISCIO' No, loro stanno girando, girano per il mondo
sopra uno yacht, ma lui non se lo possono portare, perché soffre il mal di mare.
Mi occupo io di lui. Come una madre. MIMI' Deve mangiare più di un cristiano,
un bestione così! SCISCIO' E loro mi passano trecento lire al giorno, per il
suo vitto, i patti, e così ci esce pure qualcosa per me, ma che vuoi, tra un
invito, un'insalata, insomma tiriamo bene avanti tutti e due. MIMI' Però ti
sei accollato una bella schiavitù… Scisciò si mette a parlare subito in
francese e indicando con uno sguardo il cane, dice: SCISCIO' Je t'en prie
parle en français, y comprend l'italien, il se fache, il se fache, tu sais… il
est très sensible quando on parle de lui… MIMI' Bè, tira fuori le notizie.
Come butta? SCISCIO' Maluccio. Yacht uno solo, fattibile, molta simpatia,
molto charme, la cosa non è difficile a uno come te. Motoscafi solo quello della
Perretti, ma a dir la verità, sopportarsi la madre per la figlia è una fatica
che ogni gentiluomo dovrebbe rifiutare. Purtroppo peggiore sempre l'ambiente
cocktails. Non lo so, sono diventati tirchi o si divertono in altro modo,
insomma siamo finiti figurati che quella che fa più inviti e riceve più gente è
una pataccona protettrice di cantanti, infrequentabile… MIMI' E le ragazze
Piscitelli. SCISCIO' Quest'anno sono andate a Portofino, poi Riviera
eccetera… MIMI' Milena è sempre l'amica di Cannavacciuolo? SCISCIO' E che
può fare ormai… MIMI' Però queste ragazze come si riducono. Senza un uomo non
sanno più che fare. Non sono come le americane, le anglosassoni, insomma,
indipendenti. SCISCIO' Eh! No, mi dispiace. Piglia mia sorella, per esempio.
Quella è stata una madre per me, perché quando abbiamo perduto mammà eravamo
tutti piccoli, e papà sapeva solo andare al Circolo. Bè, lei ci ha allevati
tutti, poi s'è sposata. Ora sta a Cremona a dirigere la fabbrica del marito che
è morto. Il cane li interrompe mugolando implorante, Scisciò capisce, e dice:
"Andiamo, va, il cane vuole uscire". Mentre si avviano sentiamo in
dissolvenza Scisciò: Quest'anno, senza grandi folle l'estate è moscia… Li
riprendiamo per la strada mentre si avviano verso la Buca. Dalla direzione
opposta vediamo venire un gruppo nel quale si vede una signora singolare, con un
braccio fasciato, sovraccarica di gioielli, fin troppi, che splendono alle dita,
al collo, addosso, perfino un braccialetto alla caviglia. Deve aver superato da
un pezzo la quarantina, ma ha ancora i movimenti pieni di civetteria e
d'avventura, il sorriso provocante, gli occhi a morbo di Basedow, intensi come
quelli delle ninfomani, che spogliano ogni maschio guardato. E' seguita da due
marinari, un signore, un'altra donna. Sul muretto di fronte alla Buca, sono
seduti Frichì e Pelos che osservano l'avvicinarsi del gruppo con la signora
ingioiellata. FRICHI' Se tu dovessi scegliere, chi ti pigliassi, il braccio o
la mano? PELOS La mano non è male, a dir la verità, io l'ho guardata da
vicino, roba da Cartier. FRICHI' Ma forse forse, anche il collo non sarebbe
male. Ci saranno più di cinque o sei milioni buttati là… PELOS Io mi
accontenterei pure della caviglia. La MACCHINA intanto sta inquadrando volta
a volta tutti i particolari della signora indicati dal discorso dei due. Frichì
alludendo alla caviglia: FRICHI' E' brutta, è fetente e gonfia come quella di
un elefante, però è pure parata come quella di un elefante quando fanno le
processioni coi Rajà… Sopraggiungono Mimì e Scisciò. Pelos rivolgendosi a
Mimì: PELOS Mimì ma tu la sai a quella?… MIMI' (a Scisciò) Chi
è? SCISCIO' Un pappagallo del Brasile, Marilù O'Connor. FRICHI' Mimì non
fare il distratto, va! PELOS Lo vedi quello yacht? Quello è suo. Vediamo
di fronte alla spiaggia un meraviglioso Tre Alberi nero che oscilla come un
gabbiano sull'onda. MIMI' Ah, sì? SCISCIO' Quello tiene a bordo un bagno
di lapislazzuli e un vero Renoir. MIMI' Ma Renoir come? PELOS Sarebbe un
pittore, abbastanza importante, Mimì! Non le sai 'ste cose? Fai tanto lo
chic! MIMI' Insomma è una buona… PELOS Sai quanto costa un Renoir, oggi?
L'ho letto sopra un giornale. Duecentotrenta milioni. E quella lo tiene dentro
il cesso dello yacht. MIMI' E che fate, i maleducati? Non me la presentate,
no? Intanto il gruppo della O'Connor, che era entrato n ella Buca, ne esce
ora, anzi esce per prima solo la O'Connor. E la MACCHINA la inquadra mentre F.C.
la voce di Scisciò dice rivolto a Mimì: SCISCIO' Te la presento io. E
avvicinandosi alla O'Connor, come presentando un numero di varietà ad una platea
di spettatori, dice, con un tono di voce enfatica: (manca la frase di Scisciò,
nds) Mimì, adeguandosi subito alla magniloquenza dell'amico, avanza con passo
sicuro, arrivato alla giusta distanza fa un inchino alla spagnola, quindi prende
la mano che gli porge la O'Connor. Vediamo in P.P. questa mano con un diamante
grosso come una note, al dito. Mimì guarda, come arrestato nel suo gesto, quasi
paralizzato dalla scoperta, il grosso diamante. Poi guarda significativamente la
faccia della O'Connor, e di nuovo il diamante. Come un cane che afferra un osso,
egli afferra con la bocca il diamante e fa finta di sforzarsi per staccarlo
dalla montatura d'oro. La O'Connor prima sorpresa, poi, quando ne capisce il
significato comico, divertita da questa mimica, scoppia a ridere in maniera
alquanto sguaiatella, come un omaccione. Quando si calma, dice a
Scisciò: O'CONNOR Simpatico. Questa sera vi aspetto tutti alle otto. In
quel momento escono dalla Buca i marinai con due ceste cariche di bottiglie di
whisky, champagne, ed altre provviste. La O'Connor li indica e dice: O'CONNOR
I rifornimenti. Allora senz'altro. Questa sera. Domani parto. Mimì si inchina
profondissimamente, alla O'Connor che si allontana. DISSOLVENZA Siamo in
un punto della Positano alta. E' notte. Una luna tonda brilla nel cielo.
Dall'alto vediamo lo yacht col gran pavese illuminato, e la spiaggia sulla quale
brillano i fuochi di diversi falò. La MACCHINA lentamente, senza spostarsi dal
suo punto di vista, ruota verso le facce in P.P. di Peter e Paola. Peter sta
fumando la pipa. I capelli biondi di Paola sono dorati dalla luna. Paola guarda
distrattamente la scena. PAOLA Hanno fatto lo sbarco dei selvaggi… PETER
Che cosa sarebbe? PAOLA Scendono a terra, accendono i falò, e poi bevono e
ballano intorno al fuoco. PETER Carino. PAOLA Si fa per divertirsi, Peter!
A Londra eri più divertente. Qui, all'improvviso, non so che cosa ti ha
preso. PETER Io non vado dove non sono invitato. Ecco tutto. PAOLA Senti
come ridono. Arrivano fin qua le risate. Credo che siano le montagne, che
respingono il suono. Ma che hai? PETER Non senti nemmeno quello che
dico. PAOLA E tu te ne stai con quella faccia e mi guasti tutto. Ecco, sempre
così hai fatto. Anche quella volta ad Hampton Court. C'era bisogno di fare a
pugni? A questo punto Paola dà un grido e si rifugia nelle braccia di Peter,
terrorizzata. Peter istintivamente l'abbraccia e la stringe a sé per
proteggerla. PETER Cos'è? PAOLA Un pipistrello, quelli tagliano la
faccia. La faccia di Paola è molto spaventata PETER In fondo si tratta di
un topo con le ali… I due sono sempre stretti nell'abbraccio. Paola solleva
gli occhi verso Peter, pronta di nuovo a discutere e a protrarre la
discussione. PAOLA E lo dici così. Un topo? Mi fanno paura pure i
topi. PETER Anche in questo sei molto originale. DISSOLVENZA Sono le
undici e mezza circa di mattina. La spiaggia è ancora deserta. E' l'ora infatti
in cui i bambini che sono andati a mare molto presto, verso le otto, quando è
più fresco, si ritirano con le loro governanti. Le madri, tutte signore intorno
alla trentina, e qualcuna anche più giovane, sono invece appena scese, e si
trattengono alla Buca, sotto la pergola e il tendone, sedute sulle sdraio.
Qualche bambino si fa accarezzare dalla mamma, qualcun altro protesta che vuole
andare ancora in acqua. Vediamo Frichì inginocchiato davanti a una bambina di
tre anni. Completerà l'inquadratura, due bellissime gambe, sono quelle della
madre della bambina. FRICHI' Adesso facciamo un bel giochino insieme. Tu mi
lanci la tua palla. Che bella palla che hai. Me la lanci? Io poi la lancio a
mammina tua. Che bella mammina che hai! E la mammina la lancia a te.
Pronti? La bambina lo guarda torvo. F.C. a commento di questa scena, sentiamo
la voce di Scisciò che dice a Cocò: SCISCIO' Vedi, Frichì è troppo
servizievole, questa è una tecnica che non funziona più… potrà diventare il
bambinaio, ma la signora non se la farà mai… Vediamo la bambina guardare
fisso Frichì negli occhi e poi lanciargli sul viso una manciata di sabbia.
Frichì accecato si pulisce goffamente, e ride senza voglia. Adesso Cocò sta
complimentando una signora per il suo bambino. Il bambino non è veramente un
bambino, ma uno di quegli esseri che sono nel momento difficile della crescita,
per cui non sai bene se sono ancora bambini o già degli uomini. Porta i
pantaloncini corti sulle gambe pelose, è imberbe ma ha i baffetti, ha gli
occhiali e uno sguardo timido, chiuso e morboso. La madre non è una dea di
bellezza, ma comunque è molto piacente. Sorride ai complimenti di Cocò senza
sospettarne l'ambiguità e l'ironia. COCO' Ah! E' cresciuto dall'anno scorso.
Com'è diventato bellino. Quanti anni hai, bambino? MADRE Ha compiuto già i
tredici anni! COCO' Con una mamma così giovane. E vai a scuola, dì? Guarda
già coi baffetti. Com'è delizioso, un'aria così intelligente. Tutto papà
(rivolto alla madre, con un altro tono) Parla? Il sorriso muore sulle labbra
della signora che guarda Cocò senza capire. Ora passano Paola e Peter. Paola in
costume conferma tutte le aspettative. E' proprio un bel corpo il suo. Slanciato
e nello stesso tempo pienotto, come una pesca matura. Peter la segue in shorts e
sandali, ha l'asciugamani sulle spalle, per proteggersi dal sole. Vediamo
Peter che si ferma sui sassi roventi, butta l'asciugamano a terra, come un
tappeto, e ci mette i piedi sopra. Poi, volto a Paola, sempre mantenendo il suo
senso dell'humor, le dice: PETER Nella Polinesia, i selvaggi fanno le corse
sulle pietre roventi. Perché non partecipi alla gara degli stregoni? PAOLA
Vorresti che ti portassi in braccio? Ora li vediamo sul bordo della spiaggia,
vicino alla battima. Peter con le gambe nell'acqua e il corpo fuori. E Paola che
ride. Peter dice: PETER Te lo giuro. Ho sentito che friggevano. Scisciò,
Cocò e Frichì stanno ora bevendo un aperitivo. Vediamo all'improvviso Frichì che
si alza, poggia il bicchiere sul tavolo, si volta con la faccia al muro, e
appoggiata la fronte all'avambraccio, comincia un finto pianto dirotto, con
singhiozzi che lo scuotono. Poi sempre piangendo, si volta e dice,
singhiozzando: FRICHI' Ma chi è quella, chi è quella!… Come un
bell'animale, stretta di reni, deliziosamente inconsapevole delle ondate di
cupidigia che suscita, passa, alta sugli zoccoletti, alta sulle gambe
meravigliose, una biondissima bardottesca diciassettenne. Si trascina con
noncuranza un asciugamano, ha in testa un cappellino di paglia alla torero,
calato sugli occhi che ha enormi e azzurri. La vediamo avviarsi in tutto il suo
splendore verso il bordo della spiaggia, stendere l'asciugamano per terra, e
stendersi divinamente soddisfatta, con gli occhi chiusi, al sole, in
pace. FRICHI' Ma da dove è uscita? Ma la soddisfazione dipinta sul suo
volto si trasforma in disappunto e meraviglia, quando i suoi occhi, e così la
MACCHINA, inquadrano un motoscafo che ha virato velocissimo sotto la spiaggia, e
sulla scia di schiuma è apparso Livio, dritto sugli sci, che esegue la manovra
di atterraggio sugli sci, per cui va famoso. La esegue per sfortuna dei ragazzi,
proprio sotto la diciassettenne. Livio, portato così sulla spiaggia vi arriva
come un Dio nato dal mare. E' nel fiore della giovinezza, un buco al posto della
pancia, spalle quadrate, vita stretta, muscoli lisci da nuotatore, lucidi sotto
il sole. E' abbronzatissimo. La diciassettenne si mette a sedere in un sussulto
di paura, che presto si trasforma in ammirazione per un arrivo di un personaggio
così spettacolare. Livio si avvicina alla diciassettenne, sistema meglio
l'asciugamano, la diciassettenne gli fa posto accanto a sé e i due si sdraiano,
vicini, mano sulla mano, senza parole, come se tutto fosse inteso, da sempre, e
naturale. FRICHI' Ma a lui la cartolina di richiamo non ce l'hanno
mandata? Mentre dice questa battuta si sente il fischio "chiavico, chià". E'
il classico richiamo dei leoni. Come liberati da un incubo, i tre guardano verso
chi ha fischiato. E' Pelos, lo vediamo scendere da una barca. In mano ha il
fucile, nell'altra, sostenendola per le branchie con due dita ad uncino, tiene
sollevata una enorme cernia di sei, sette chili. Lo segue un ragazzino con una
sporta di altri pesci. Scisciò, Cocò e Frichì, appena vedono la cernia, danno un
grido di ammirazione, e corrono a vedere. In P.P. Pelos dice: PELOS Io appena
l'ho vista, ho detto, ah ah, abbiamo risolto, stamattina. Ho pensato alla faccia
vostra che m'aspettavate qua, belli belli, e ho detto: senti, non ci sta niente
da fare, tu devi venire con me. Quella faceva no, no, no, e si metteva nella
tana. E allora io ho detto: ah, sì, tu fai l'antipatica, e io ti vengo a
pigliare. Quella mi guardava con certi occhi perché aveva capito come andava a
finire la cosa. Io allora ho detto: no, guarda, questa è una questione di vita o
di morte. Scisciò se non arriviamo tutti e due insieme, e arrivo io solo,
stamattina come fa, come la risolve?! SCISCIO' Non fa lo spiritoso. PELOS
No, no, quella l'ha capita, sono animali intelligenti. Subito s'è immedesimata
della situazione, ma non voleva venire. Io l'ho guardata dritta negli occhi, ce
l'ha marrò. Tu perdonerai, Scisciò, so che a te ti piacciono più gli occhi blu.
Insomma ho detto, vieni 'o zio, 'o zio. Lei è venuta, e io ve l'ho portata. Che
ne dite? Mentre così parla, il ragazzino ha portato la sporta con l'altro
pesce al padrone del ristorante, che è abituato a simili ritorni. S'affaccia
sulla porta della trattoria, e dal suo punto di vista vediamo avvicinarsi il
gruppo dei ragazzi con la cernia. Stanno parlando della serata con la O'
Connor. COCO' Tu hai capito ieri sera che è successo? Quella la brasiliana ha
perduto 'o brillante… SCISCIO' Mbriaca come stava… FRICHI' Ben le sta. Una
miliardaria che offre champagne italiano. Ma per chi ci aveva preso. Si sente
già la voce del padrone della Buca che dice: PADRONE Come ve la faccio,
questa volta? PELOS Al forno, è la morte sua. SCISCIO' Non fa come l'altra
volta che vi siete scordato il meglio, un po' di prezzemolino, e non tutto
quell'olio. Pelos mentre parla si distrae. Stanno infatti arrivando Livio e
la diciassettenne. Livio ha circondato con un braccio la spalla della ragazza, e
il braccio gli pende sul petto di lei. I due lentamente, passano sfiorando quasi
il gruppo dei ragazzi, e Livio sosterrà il loro sguardo minaccioso, invidioso.
Poi sentiamo Pelos che dice: PELOS Ecco stavo così contento, e quel cretino
mi ha guastato tutto. Dove l'ha acchiappata, quella? FRICHI' Per favore, non
ne parliamo. I loro occhi, pieni di disappunto, seguono i due che si
allontanano verso il paese. Sul bordo della spiaggia, cammina curvo, con lo
sguardo fisso a terra, ogni tanto piegandosi a raccogliere qualche cosa. Lo
vediamo, ora, come visto da Paola e Peter. Si ferma quasi davanti a Peter, e si
china ancora a raccogliere qualche cosa. PAOLA Ciao, Mimì! Hai perduto
qualche cosa? MIMI' Un brillante da dieci carati. L'hai visto? PAOLA
M'hanno detto che ti sei messo a lavorare. MIMI' Non mettiamo in giro queste
voci. Mi vuoi screditare? Peter incuriosito perché Mimì, mentre parla,
continua a chinarsi e a cercare nella sabbia, gli domanda: PETER Che
sono? MIMI' (aprendo la mano e mostrando le pietrine raccolte sulla spiaggia)
Tormalina. Prima raccoglievo coralli. Credo di averli raccolti tutti. Le idee
più brillanti mi sono venute così. PETER (ironico) Eh, me lo posso
immaginare. Mimì, che ha colto l'ironia di Peter, si rivolge prima a Paola, e
indicando gli gli occhi Peter, dice: MIMI' Ironizza… (poi rivolgendosi
direttamente a Peter e guardandolo diritto negli occhi) No, non te lo puoi
immaginare, tu. Detto questo con un sorriso enigmatico, soppesa sulla mano le
pietrine, e si avvia verso uno scoglio alto sul mare. Nel frattempo Paola dice a
Peter: PAOLA Guarda come si tuffa bene! Vediamo Mimì di spalle sullo
scoglio, contro il cielo. MACCHINA in basso che ci dà la sensazione
dell'altezza. Si vedono gli scogli trasparenti sott'acqua. La MACCHINA inquadra
ora insieme: le spalle di Mimì e lo yacht della O' Connor. Visto da Paola, dalla
spiaggia, il volo dell'angelo di Mimì. Mimì nuota verso lo yacht come se avesse
un motorino al posto dei piedi. Lo vediamo battere il crawl da vicino,
ritmicamente, con uno stile perfetto. Sullo yacht, sdraiata sopra un
materassino, molto una di olio e vaccona, Marilù O' Connor si volta
all'improvviso e vede: due mani che si afferrano al bordo dello yacht. E in
mezzo alle due mani, appare la faccia di Mimì grondante d'acqua. Mimì sorride, e
vediamo che, stretto tra i denti, brilla un diamante colossale. Marilù riconosce
a volo l'anello da lei smarrito e ha un gridolino di gioia e di sorpresa. Mimì
si toglie l'anello dalla bocca e porgendolo alla O' Connor, le dice: MIMI'
L'ho ritrovato. Accanto al materassino della O' Connor una enorme guantiera
con una raffinata colazione a base di caviale e d'aragosta, è preparata. Mimì
annusa il cibo con ironia, esagerata mimica canina, e dallo sguardo della O'
Connor capiamo che sarà invitato a colazione. Si vede sulla tavola della
trattoria dove i ragazzi stanno a mangiare, la spina della cernia in un piatto.
Allargando l'inquadratura, vediamo le classiche espressioni da dopopranzo, un
po' fatte a vino. Mentre i ragazzi stanno nell'inerzia della digestione, appare
Mimì. Pelos gli si rivolge, quasi in tono di scusa. PELOS Eh, t'abbiamo
cercato per mare, per cielo e per terra. Sei scomparso. Che pretendevi? MIMI'
Ho già fatto colazione, non vi preoccupate: caviale, ostriche e
champagne. PELOS E dove? Mimì indica soltanto lo yacht. Poi si versa un
goccio di vino, e sollevando il bicchiere dice con finta strafottenza: MIMI'
Io vi saluto, qua è un mortorio, mi vado a fare la crociera in Grecia. Lo
vediamo allontanarsi e un'ultima volta salutare col braccio i ragazzi. La
MACCHINA inquadra le facce dei ragazzi tutti insieme. Si guardano
interrogativamente, con stupore. Il silenzio è prolungato. Pelos rompe il
silenzio. PELOS (con tono di voce alto e irritato) Voi non avete capito
niente! Non avete capito niente!… (stupore sul viso degli altri). PELOS
Non avete capito niente. Quello il brillante l'ha rubato lui e poi ha fatto
finta di ritrovarlo, l'ha restituito, e così ha risolto l'estate. Se ne va in
crociera, come un miliardario, servito come un miliardario, e noi qua, ad
arrangiarci. Non so come fa, come fa ogni estate a trovare qualche cosa,
quello! Termineremo sulla faccia di Scisciò che dirà serio: SCISCIO' Idee
ci vogliono, per vivere qua, e per risolvere, idee ci vogliono. Nelle prime
ore del pomeriggio, i villeggianti raccolgono le idee per sapere che cosa
faranno nella serata, e intanto perdono il tempo in chiacchiere e andirivieni, i
negozi e le stradine di Positano si rianimano. Come una fila di ballerine, con
le gambotte nude accavallate, seduti sopra un sedile di pietra, troviamo
Scisciò, Cocò, Pelos e Frichì. Ma la MACCHINA inquadra soltanto una fila di
piedi allineati. Anche dai piedi si può capire il carattere dei proprietari:
sono una fila di piedi generalmente senz'arco, grassottelli, uno a forma di
foglia di fico d'India, un altro bitorzoluto, un altro col pollicione, bruciati
sul dorso dal sole e bianchi sotto la pianta come quella dei negri. VOCE F.C.
Scusi, quali sono i più belli? La MACCHINA inquadrerà la persona alla quale è
stata rivolta la domanda. E' Giulia, milanese, faccia nuova, potrebbe essere una
ragazza non più giovane, oppure una giovane signora. Nell'insieme è vestita
ancora in modo un po' teorico, la tipica eleganza un po' sportiva e secca delle
settentrionali. Si vede, anche dall'abbigliamento, che non ha ancora ceduto agli
inviti del posto. Sta consultando con lo sguardo una montagna di cappelli
esposti davanti a un negozietto. Alla domanda, Giulia si volta e rassicuratasi
con lo sguardo di essere proprio lei l'interrogata, passa in rassegna la fila di
piedi, senza muoversi e dice: GIULIA Se facciamo chi ha i più brutti, lo so
già. Pelos ha capito come Giulia si riferisca a lui, si alza rassegnato alla
sconfitta e si sottrae alla gara. SCISCIO' Pelos, non sai perdere. GIULIA
Ahhhaaah…! Ma lei è Pelos! L'esagerata, divertita sorpresa di Giulia, che
presuppone quella conoscenza che Pelos non immagina, fa chiedere a
quest'ultimo: PELOS (agli altri) Lo vedete, sono conosciuto pure al Nord (poi
ripensandoci, rivolto a Giulia, con vera curiosità) Perché già mi
conosce? GIULIA Come se fossimo cresciuti insieme. … e lasciando tutti
perplessi, specie Pelos, vediamo Giulia allontanarsi. Nella stradina, davanti
alla farmacia, c'è una bilancia a gettone. Vediamo Livio di spalle, in piedi
sulla bilancia, che si pesa, e la sua faccia riflessa nello
specchietto. Vicino a Livio, Sasà, un altro giovane ventitreenne, altrettanto
aitante e atletico. LIVIO Segna mezzo chilo in più, o la bilancia è guasta, o
sto peggiorando. Pelos se lo sta studiando con una sguardo di compatimento,
inadeguato a dir la verità perché su Livio, dal punto di vista estetico, c'è ben
poco da compatire, coglie a volo la battuta di Livio e risponde: PELOS No, tu
puoi solo migliorare. Sasà ride della battuta di Pelos, ma Livio, sceso dalla
bilancia, passando accanto a Pelos, sapendo di farlo soffrire, gli dice,
passandosi una mano sulla chioma fluente: LIVIO Guarda quanti capelli,
guarda… Pelos accusa il colpo. Intanto Livio è passato. Si rivolta, e gli
dice dietro: PELOS Segno di poca virilità… Vediamo ora, riflesso nella
vetrina del gioielliere, con sovrimposti i gioielli esposti, il viso di Giulia.
Si capisce che guarda un paio di orecchini di turchesi e coralli a forma di
fiorellini. Una voce F.C., quella di Pelos, dice: PELOS Quelli a forma di
fiorellino. Ti piacciono quelli, lo so. GIULIA Come l'hai capito? PELOS Tu
mi conosci a me, e io capisco a te. Ma tu, come mi conosci? GIULIA (evasiva)
Peccato, sono troppo cari, cinquantamila. PELOS E tu ci credi? Quello mette i
prezzi a seconda dell'umore. Oggi forse stava arrabbiato. Vai dentro, aspetta un
momento, giochiamo al ribasso. Pelos, vedendo passare la diciassettenne, ha
avuto un'idea. Lo vediamo correre dietro alla diciassettenne, fermarla per un
braccio, e dirle qualcosa. Non ci soffermeremo, ma seguiremo Giulia. Nel negozio
del gioielliere, Giulia dà uno sguardo alla roba esposta. Il gioielliere, seduto
ad una scrivania, immerso nella sua apatica indifferenza, non la guarda neppure.
Se nel negozio ci fosse una mosca sarebbe la stessa cosa per lui. Vediamo Pelos
entrare e accostarsi al Cavaliere. PELOS (indicando Giulia) Cavaliè le
piacciono questi orecchini. Facciamola contenta e caliamo sul
prezzo. CAVALIERE No, no, guarda Pelos, quelli costano cari perché li ho
pagati cari, eppoi non li voglio vendere. PELOS Avete ragione. … fingendo
che la cosa lo interessa fino ad un certo punto cambia argomento e inizia un
discorso allusivo, indicando la strada e lo sciamare delle belle
ragazze. PELOS Guarda, guarda, guarda… E' diventata una cosa ogni
volta… CAVALIERE Che è? PELOS Ogni volta che uno butta uno sguardo da
questa vetrina, vedi un passo e spasso che, che ne vuoi fare dei gioielli! Certe
ragazze appena appena sviluppate… CAVALIERE No, perché poi quello è il fatto,
non è che quelle di diciassette poi diventano vecchie, perché ci stanno sempre
quelle di quindici, di sedici, di rincalzo. A ondate successive. E ogni anno,
ogni anno, noi stiamo qua e loro passano. A me mi volta la testa! PELOS E'
perché ci facciamo vecchi, cavaliè… CAVALIERE Non è questione di vecchiaia,
Pelos, è che sono sfacciate. Ti guardano con quella faccia di santarella e sono
tante Messaline… Ti viene lo scoraggiamento, eh… PELOS Guardate a quella,
cavaliè, guardate, guardate… A bassa voce, col solito accenno di gomito,
incalzante Pelos accenna alla vetrina. Col viso schiacciato sul vetro, gli occhi
enormi cerchiati di rimmel eccessivo, e tutta l'invitante dolcezza del suo
giovanile sex appeal, come sognata, appare al gioielliere la
diciassettenne. GIOIELLIERE Echi è quella là, Pelos?… Chi è? Chi è? E' nuova
Pelos? … Il cavaliere sembra quasi venir meno. La sua voce è spenta,
avvilita. PELOS Eh, è un amore, quella là, un amore… Ma non la so bene, non
la conosco… CAVALIERE (intercala ogni battuta con un lamento e un sospiro) E'
bella, è bella veramente… PELOS E voi pensate a guadagnare. Ma che ve ne fate
di tutti questi soldi? Io per ventimila lire 'sti orecchini li darei. Il
gioielliere fissa ormai come ipnotizzato il viso della diciassettenne, che non
si capisce se sorride a lui o ad una sua immaginazione. Vediamo la
diciassettenne fare una smorfietta e andare via. Il cavaliere ha ormai perduto
ogni controllo razionale. E' tutto riflessi condizionati. CAVALIERE
(gridando) Ma pigliateli st'orecchini, pigliateli, pigliateli. (urlando) E
venite (urlando) E venite sempre a rompere le scatole qua dentro. Pigliateli,
piglia, piglia, vai via, e che diavolo, sempre la stessa cosa ogni giorno,
entrate, fate i padroni, comandate, disponete, mannaggia a voi, mannaggia 'e
guaglione… mannaggia 'a morte… … e dicendo questo apre la porta del
retrobottega e la sbatte in faccia a Pelos. Giulia si prova guardandosi nella
vetrina gli orecchini e indicando con lo sguardo ventimila lire poste sul banco,
che la MACCHINA ora inquadra, GIULIA Non saranno troppo poche?… Pelos con
una mimica furbesca, dice: PELOS Hai visto come si fa? Ed ora andiamocene
alla svelta, prima che quello ci ripensi.
DISSOLVENZA … Sul viso di
Giulia, nella sua camera di albergo, vestita da mezza sera, che si prova nello
stesso compiaciuto atteggiamento gli orecchini, e sorride questa volta come
ricordando il modo in cui è riuscita ad acquistarli e lo stratagemma di Pelos.
La vediamo aprire la porta della stanza e uscire. La rivediamo in una
stradina in discesa. Ad un tratto in P.P. vediamo il suo volto girarsi
rapidamente. La MACCHINA seguirà rapidamente lo sguardo di Giulia in tempo per
sorprendere un uomo che dice urlando (Basta!) e dà uno schiaffo ad una donna. Il
viso della donna lo vedremo in P.P. E' una donna di età superiore alla
quarantina, ma ancora bella. La si vedrà, ancora per un attimo guardare fissa
davanti a sé in un punto ben preciso e con un'espressione di disagio, poi
voltare le spalle e infilarsi in un portone. L'uomo rapidamente, dopo aver dato
uno sguardo in giro, si allontana. Lo sguardo della donna era indirizzato a
Giovannella. E' una ragazza di non più di diciotto anni, esile, ma nello stesso
tempo ben formata, con un visetto irregolare e molto espressivo, ha i capelli
scuri, che porta piuttosto lunghi, lavati e asciugati al sole. Giovannella
rimane per un attimo ferma, con uno sguardo apparentemente
inespressivo. Pelos e Scisciò hanno assistito alla scena. Vediamo Pelos
avvicinarsi con un cono gelato in mano ed offrirlo a Giovannella; poi le mette
una mano sulla spalla e le dice: PELOS Andiamocene, va… Nel frattempo
Scisciò si avvicina a Giulia che ha assistito allibita, e con un tono
rassicurante le dice: SCISCIO' Niente. E' La madre di Giovannella. Ogni
estate è la stessa cosa. Pelos e Giovannella sono scomparsi giù nel vicolo e
Giulia segue Scisciò. Li vedremo più avanti fermarsi. Scisciò dice a
Giulia: SCISCIO' Per caso hai mille lire spicce? Giulia apre la borsetta e
gliele dà. Seguiremo Scisciò e lo vedremo avvicinarsi ad una bancarella dove si
vendono fiori, scegliere una rosa, entrare da un tabaccaio e uscirne con un
pacchetto di Nazionali. Si avvicina a Giulia, le appunta la rosa sul petto e,
consegnandole dei soldi spicci, dice: SCISCIO' Ecco il
resto. DISSOLVENZA Alla "Buca" ad un tavolo in P.P. rivediamo Scisciò con
un bicchiere in mano, che filosofeggia alla sua maniera con Giulia. SCISCIO'
La vedi questa maglietta blu? Lo vedi questo paio di pantaloni? Semplice,
pratico, disinvolto. D'inverno un vestitino di flanella grigio. D'estate sto a
Capri, a Ischia, a Positano, posso decidere io, insomma. D'inverno a Cortina,
qualche puntatina anche a Roma o a Milano. Non lavoro, è vero, non lavoro, ma è
solo l'apparenza. Lavorare è troppo stupido, cara mia, non c'è fantasia; hai
capito? Il mio lavoro è di un altro genere. Per esempio, sai che pensavo quando
mi hai visto? Stavo aspettando una ispirazione. Il tema era: sigarette. Avevo
voglia di fumare. Il mio lavoro è fatto tutto così. Giulia che se lo guarda
mentre parla, sorridente, gli dice: GIULIA Ceniamo insieme domani sera? Posso
invitarti? SCISCIO' Sei poco acuta, ti perdono, sorvoliamo, fingiamo di non
aver sentito, non sono questi i miei metodi, allora non hai capito niente,
glissons, glissons, glissons… Vediamo entrare elegantemente vestita e molto
sofisticata, una giovane signora trentacinquenne, seguita da un accompagnatore
brizzolato. I due attraversano il locale e vanno a sedersi ad un tavolo.
Seguendoli scopriremo un altro tavolo con Pelos e Giovannella. Giovannella,
appena la signora le passa davanti, si alza con zelante compitezza,
dice: GIOVANNELLA Buonasera, signora Molteni… … e abbozzerà un
leggerissimo inchino con sorriso, e si risiederà come prima. Pelos la guarda
meravigliato. PELOS Me lo spieghi. Perché ti sei alzata? GIOVANNELLA Una
ragazza si alza in piedi per salutare le signore di una certa età, no? PELOS
Ahhhh!… GIOVANNELLA Ho voluto sottolineare che ce ne ha venti più di
me. Intanto Livio entra e si ferma dal barman. LIVIO Vincenzì, quella
signora americana non s'è vista stasera? VINCENZO E quella è partita in
motoscafo per Sorrento… A questo, entrano Paola con Peter. Livio si gira
appena e squadra Paola dai piedi alla testa, lo stesso esame rapidamente è fatto
da Paola. Poi Paola e Peter arrivano al tavolo di Pelos e Giovannella. Livio
continua a parlare col barman. LIVIO Ah, già, quello c'è il torneo di bridge
al "Cocumella". Mo vedo se trovo qualcuno che ci va… Lo vediamo allontanarsi.
Scopriremo uno sguardo sfrecciato da Paola a Livio che sta uscendo. A Pelos non
sfugge: PELOS Uh, anima bella! Pure tu lo trovi interessante qeul
giuggiolone… GIOVANNELLA Pelos: ma è un bel ragazzo, che ci hai da
dire?… Nel frattempo un ragazzo viene a dire a Giovannella: RAGAZZO
Signorina Giovannella, vi vogliono al telefono. Giovannella si alza con
visibile premura e va al telefono uscendo di campo. PAOLA (a Pelos)
(indicando Peter) Pelos, questo dice che i ricci fanno male… PETER No, dico
che hanno sapore di formica. PELOS (sorpreso) Come, formica? PAOLA Acido
formico, Pelos, a questo lo devi capire quando parla. Stacco su Giulia e
Scisciò che ballano. Vedremo intanto in C.L. Giovannella uscire in fretta dal
locale. Giulia allude alla maniera svogliata con cui balla Scisciò. GIULIA Se
è stanco non faccia complimenti. SCISCIO' (come per scusarsi) Per me il ballo
è un'avventura sessuale… GIULIA Allora rimandiamola…
E ritornano al
loro tavolo. Siamo ora all'esterno della "Buca" nel buio della sera vediamo
il passaggio furtivo di Giovannella fino ad un angolo dove una mano l'afferra e
l'attira. Da lontano si sente la musica della "Buca". E' Sasà. GIOVANNELLA
Quanto tempo ti puoi trattenere? SASA' E mo me ne devo andare. GIOVANNELLA
Andiamo a passare due giorni a Procida? SASA' Giovannè, tu sei pazza, quella
arriva Adriana, bisogna stare attenti, ora… GIOVANNELLA Hai proprio deciso di
farmi paura?… SASA' E tu hai proprio deciso in un momento che ci vediamo di
farmi perdere la pazienza? GIOVANNELLA E perdila… e perdila… SASA'
(fissandola rabbioso) Vuoi vedere che me ne vado e non mi vedi
più? GIOVANNELLA E fai vedere come fai? Sasà la guarda ancora una volta,
poi con rabbia fa per andar via. GIOVANNELLA Ah… sì… vuoi fare il più forte?
Vieni subito qua. SASA' (allontanandosi) Me ne vado, ciao… GIOVANNELLA (la
vediamo allontanarsi di corsa) Questo te lo farò pagare… DISSOLVENZA E'
una mattina gonfia di luce, una luce che cancella tutto. Nel crogiolo di mare e
sole, una barca è ferma. Paola si afferra al bordo della barca, è sospesa a
mezzo busto con le gambe che penzolano nell'acqua. Peter la guarda sconsolato,
con un asciugamano in testa e un altro sulle spalle. In un altro punto, in una
insenatura della roccia, vediamo Giulia che fa il bagno, per metà nell'acqua e
per metà fuori. Dall'alto di uno scoglio, quasi sopra la sua testa, uno
scugnizzo piccolissimo e nerissimo la sta osservando attentamente e le butta dei
sassolini. Giulia alza gli occhi verso il bambino e dice: GIULIA Adesso vengo
su e ti do uno schiaffo… SCUGNIZZO E come fai a venir qui sopra, manco sulla
rena sai camminà. GIULIA Vai a giocare con gli altri bambini, invece di star
qui a guardare le signore. SCUGNIZZO E levate o reggipetto e me ne
vado… GIULIA Ma chi ti insegna queste cose? SCUGNIZZO Ieri un'americana
l'ha fatto… Al sopraggiungere del barcaiolo che ha accompagnato Giulia alla
spiaggeta, lo scugnizzo s'azzitta, ma il barcaiolo che evidentemente lo conosce,
si alza in piedi sulla barca e con un braccio levato comincia a gridare allo
scugnizzo tutta una serie di improperi pittoreschi che a Giulia suonano
arabo. Lo scugnizzo scompare. GIULIA Scusi, che diceva? BARCAIOLO
Signorì, lui ha capito. Salite, salite. GIULIA Se mi butta la corda vengo a
nuoto. Vedremo la barca che si trascina Giulia appesa alla corda uscire
dall'insenatura, e mentre si avvia verso la spiaggia di Positano, sentiremo
Giulia fare queste domande: GIULIA C'è una tendopoli, qui? BARCAIOLO
(indicando un punto della costa) I francesi stanno tutti là. GIULIA In quali
giorni suona la banda del paese? BARCAIOLO Qui la banda non ci sta, la tiene
Amalfi. GIULIA E' nato qui Flavio Gioia? BARCAIOLO (annoiato dalle
inusitate domande della sua cliente) Signurì nun 'o saccio… Vedremo la barca
arrivare sulla spiaggia di Positano. Giulia in accappatoio scenderà dalla
barca. Incrocerà Frichì e Cocò. GIULIA Ciao… FRICHI' Ciao… I due
continuano nel loro cammino e sentiremo Frichì che dice a Cocò: FRICHI'
Quella è milanese, risotto e cotolette. Non capisce la poesia della pasta coi
fagioli… Stacco sul pianerottolo della casa dove abita Frichì. La porta
d'ingresso è semiaperta. Entrando, Frichì grida di là: FRICHI' Mammà, c'è
pure Cocò. Di là arriva una voce: MADRE Aaahh! Sempre la stessa storia! Ma
dico io che perdete ad avvertire. Cocò e Frichì sono entrati nella stanza da
pranzo. Sul tavolo vi è apparecchiato per uno. In un angolo sopra una sedia a
dondolo, il padre di Frichì, molto vecchio, legge indifferente il giornale e non
sembra accorgersi dell'ingresso dei due. Facendo l'occhiolino a Frichì, Cocò
saluta ostentatamente il padrone di casa. COCO' Buongiorno. Gli arriva di
risposta un mugolio, e senza distogliere gli occhi dal giornale, il padre
continua la lettura. Frichì allora si rivolge al padre: FRICHI' Almeno per
curiosità, papà, potresti vedere chi ci sta! PADRE Già vi conosco, già vi
conosco purtroppo… La madre di Frichì, entrando con in mano delle stoviglie,
continua il discorso di prima. MADRE Non lo dico per te, Cocò, ma non ti pare
pure a te che potrebbe avvertire quando porta qualcuno a mangiare? FRICHI'
Scusala, Cocò. E' rozza, non conosce l'arte del ricevere, non ci fare
caso. MADRE Eh, no! Non la conosco l'arte del ricevere. Quest'arte la
conoscono solo le guagliottole che conosci tu. E così dicendo va in
cucina Cocò nel frattempo non rinuncia alla conversazione col Professore
padre di Frichì, per nulla imbarazzato o intimidito dal mutismo di
questi. COCO' Che ne dite, professò, il governo si dimette? PADRE O si
dimette, o non si dimette, tanto a voi che ve ne importa? COCO' No, a me non
me ne importa, ma io lo dicevo per farvi parlare. PADRE E io non voglio
parlà. MADRE (entrando con la zuppiera) Non vuole parlare, non vuole parlare,
è venuto il momento suo, mo per una settimana sta così (rivolto al marito)
Quanto si brutto! PADRE Va bè, ho capito, buongiorno! (si alza e se ne
va). Appena il marito è scomparso, la madre di Frichì, depositando la
zuppiera sul tavolo, si ferma col mestolo in mano, nell'atto di riempire il
piatto di Cocò e assumendo un tono intimo e confidenzialissimo, a bassa voce gli
dice, accennando al marito: MADRE Cocò, in cinque con un tris di re, non si
rilancia, contro un servito che ha aperto di piatto. Quello non lo vuol capire,
e perde. Non sa giocare, non lo vuol capire, e poi si dispiace. Poi riempie i
piatti dei due giovanotti, dicendo: MADRE Dividetevi quello che è
rimasto. Mettendosi una mano in fronte, come ricordandosi improvvisamente di
qualche cosa. MADRE Uh! Che stupida… e pensare che tua madre me l'aveva tanto
raccomandato. (senza aggiungere altro all'ignaro Cocò, si avvia nell'altra
stanza sempre parlando) Ci sta una lettera… dunque ieri sono stata a Napoli e ho
incontrato tua madre, anzi mi ha telefonato povera donna, perché pare che quella
cosa è decisa, mi ha dato un foglio per il consolato, tuo zio le ha scritto che
va bene, e ti aspetta… (scompare così parlando nell'altra stanza, si sente la
sua voce di là e poi si vede che rientra sempre parlando…) … dunque qua ci
sta un, come si chiama, un modulo. Ha detto che tu lo devi riempire e firmare,
una cosa per il Console, poi ci pensa lei, la domanda e tutto il resto… Lei è
dispiaciuta, povera donna, mi ha fatto uno sfogo… ma ha ragione, così ti
sistemi. Dunque tuo zio… COCO' E dalli! Che vuole adesso? Ma si sono proprio
messi in testa di rovinarmi l'estate? MADRE Cocò, non dire sciocchezze, lo
sai come ti vuole bene tuo zio. Che vuoi? Restare qua e fare la fine di mio
marito, lo vedi come s'è ridotto? Magari potessi sistemare Frichì
così… FRICHI' E che? E' colpa mia se a Napoli mancano le industrie? Questa è
una città che non offre lavoro ai suoi figli, e io per parte mia le sono
gratissimo di questa attenzione. COCO' Ma dico, quello, da là, s'è messo
proprio in testa di sfottere a me? Siamo ricchi, abbiamo una villa e una casa a
Napoli, che bisogno ci sta di fare l'emigrante? MADRE Cocò, non dire
sciocchezze, fa il bravo ragazzo, questo è il modulo per la richiesta del
passaporto, riempilo e spediscilo subito a tua madre, che io la capisco, una
donna forte, quella ti ha capito, è per il tuo bene… FRICHI' Cocò… e mangia!
(Cocò rimane ammutolito, avvilito, e guarda fisso le carte consegnategli dalla
madre di Frichì). COCO' M'è passato l'appetito! Ma tu guarda!… Entra
intanto Assuntina con la seconda portata, guardando Frichì che mangia, gli dice,
con un difetto di pronuncia dipendente dalla mancanza totale della
dentiera: ASSUNTINA Beato a voi, che potete mangià, io da quando vi siete
preso i miei denti, lo desidero come a che… MADRE (ad Assuntina con tono
irritato) Ma tu perché ogni volta gli dai retta, non lo conosci come è
fatto? ASSUNTINA (rivelando la sua anima candida) E che volete fare, so
guaglioni… MADRE Allora se non puoi mangiare fatti un purè, a me la cosa non
mi riguarda… FRICHI' Sempre così borbonica con gli inferiori. In fondo, mille
lire al mese, che ti costa? ASSUNTINA E io i denti me li rimetto uno alla
volta. FRICHI' Eh! Tra un mese un bel dentone da neonato, poi gli incisivi,
poi i molari, non ti pare di diventare più giovane così? ASSUNTINA Signò,
vedete voi che avete da fa, perché io mi sento male a non mangiare. Lo vedete
come so secca? MADRE Va bè, va bè, Assuntì, poi ci aggiustiamo. FRICHI' Va
a chiudere le imposte, a quest'ora non si resiste con questo sole. Seguiamo
Assuntina che chiude le imposte. Fuori il sole infuria. Il mare è come una
fiamma. Si vede la barca di Peter e Paola. Peter è completamente disfatto e
guarda con odio Paola che, inginocchiata, con i capelli discinti che le cadono
da ogni parte coprendole quasi il viso, con un rozzo coltello apre i ricci di
mare che ha davanti a sé, accumulati sul sediolino della barca. Nel silenzio
assoluto della controra si sente sul mare, in avvicinamento, il borbottio di una
barca a motore. Vediamo la barca a motore avvicinarsi. A poppa è Livio. La barca
a motore di Livio si avvicina a quella di Paola e Peter. Livio capisce in un
lampo la situazione. Afferra una corda dal fondo della sua barca, la mostra a
Paola, le sorride; Paola fa un cenno di ringraziamento, Livio lancia la corda,
Peter l'afferra come un'ancora di salvezza, e si vedranno le due barche, ora
legate, filare verso terra. E' la CONTRORA. Il silenzio e i rumori saranno
i protagonisti della sequenza che segue. Il borbottio della barca a motore si
allontana F.C. Silenzio assoluto. La MACCHINA inquadrerà nel cielo un sasso. Un
altro sasso lo colpisce. Tac! Si sente il rumore dei due sassi che si
incontrano, poi il rumore della loro caduta nell'acqua. Pluff! Sul bordo
della spiaggia, lo scugnizzo che avevamo visto prima con Giulia, lancia
pigramente i sassi nell'aria e tenta di colpirli con un altro sasso. Questo è il
suo gioco. Sospende il gioco perché una vista gli gira intorno. Ne sentiamo il
ronzio. Sentiamo anche il colpo dello schiaffo che lo scugnizzo si dà sul
braccio per scacciarla. Non vi riesce. Risentiamo infatti li ronzio della vespa.
Seguiremo il ronzio della vespa prima lungo il bordo della spiaggia (e qui si
mescolerà al dolcissimo sciacquio del mare, poi il ronzio devierà). Correndogli
dietro più velocemente, entreremo nella cucina vasta di un albergo. Lo stanzone
è nell'ombra e la luce preme sulle fessure della finestra. Il ronzio nella
stanza si amplifica. Tace. E allora ci accorgiamo del rumore di un pentolino che
bolle. Ci avviciniamo al pentolino, in tempo per vedere una mano di donna che ne
solleva il coperchio, ne tira fuori un'iniezione, la arma, e dopo un'altra breve
pausa sentiamo nel silenzio F.C. un'"Ahi!". Da fuori arriva un rumore di
zoccoli che risuona nel silenzio. Vediamo prima i piedi con gli zoccoli, e poi
tutto intero un signore grasso in calzoncini corti, bianchi e berrettino, che
cammina sotto il sole. Il rumore degli zoccoli è talmente disturbante che
sembrerà anche al signore esagerato. Qualcuno F.C. disturbato forse nel sonno,
fa "Psssssssssssst!" imponendo il silenzio. Il signore si stringe nelle spalle,
si toglie gli zoccoli e continua a camminare a piedi nudi. A terra c'è una cicca
ancora accesa. La scopriremo nell'attimo in cui il signore ci poggia il piede
sopra. Un urletto soffocato e vedremo il signore col piede in mano, seduto a
terra. Il frinire di una cicala, insistente nell'ora vuota, ci permetterà una
panoramica dall'alto dell'albero, verso la spiaggetta solitaria dove una barca
di pescatori, ancorata a pochi metri dalla riva, e coperta da una tenda fatta da
una vela, si dondola sull'acqua. Ci avvicineremo e sentiremo il russare di un
uomo. Il russare è regolare, a volte affannoso. Quando scopriremo il vecchio
pescatore che dorme con le braccia incrociate sul petto e quasi seduto, ci sarà
una breve pausa nel russare e il russare riprenderà sopra un tono cupo e
profondissimo. Di nuovo vedremo un sasso isolato nell'aria e sentiremo il rumore
di un altro sasso che lo colpisce a volo, su questo si inserisce il ticchettio
di una macchina da scrivere. Il ticchettio ci porterà sopra una terrazza
assolata, e dalle fessure delle imposte vedremo Giulia che batte a
macchina. Sul mare si sente la sirena del vaporetto che arriva da Napoli, e
poi lo sferragliare dell'ancora. DISSOLVENZA Sopra un ragazzino che porta
una valigetta. Il ragazzino passa accanto a Scisciò e Frichì che se ne stanno
accucciati insieme al cane, sopra un muricciolo. Dietro il ragazzino con la
valigia, vedremo Giulia che lo segue a pochi passi di distanza. Giulia passando
accanto a Frichì e Scisciò li saluta molto cordialmente. FRICHI' Ma dove
vai?… GIULIA Ad Amalfi, ciao, ci vediamo quando torno (la vedremo
allontanarsi). FRICHI' (a Scisciò) Ma che farà questa. Come si sbattono 'sti
milanesi. SCISCIO' (dopo una pausa, guardandolo negli occhi) Eppure sai che
ti dico? A me la nebbia mi piace. Dal vaporetto, che viene da Napoli, fa
scalo a Capri, Positano e termina la corsa ad Amalfi, sono scesi pochi
passeggeri. Tra questi notiamo la moglie di Sasà, con Sasà che la sta
aspettando, e dietro due bambini, i loro figli, due gemelli di quattro anni,
accuditi da una governante molto piacente. Frichì e Scisciò osserveranno il
passaggio di costoro, e Frichì dirà alludendo a Sasà: FRICHI' Ha finito di fa
'o bellillo. Gli è arrivata la moglie. Io poi che ti debbo dire, Scisciò, quando
vedo questi ventiquattrenni piedi di preoccupazioni, carichi di moglie e figli,
incatenati alla villeggiatura fessa che sono obbligati a fare, godo. SCISCIO'
Spero che non ti sia sfuggita la governante. Il gruppo ha oltrepassato
Scisciò e Frichì. Ora vediamo venire nella direzione opposta, strascicando gli
zoccoletti, con aria tesa e provocatoria, Giovannella. Ha la stessa faccia ferma
e inespressiva di quando ha assistito allo schiaffo dato alla madre. Appena
incrocia Sasà con la moglie, saluta in modo ironico Sasà, che prima cerca di
sfuggire all'inevitabile incontro. Poi risponde secco e compassato. Sono
passati. La faccia di Giovannella in P.P. con l'espressione di nuovo ferma come
prima.
DISSOLVENZA In un tardo pomeriggio vediamo Paola che si avvia
per una stradina ed entrare in un portoncino, poi la vediamo uscire su una
terrazza con la veduta sulla spiaggia. Sulla terrazza vediamo tre tavoli di
giocatori. Ad uno di essi è seduta la madre di Frichì con altre tre signore. Due
sono le stesse che abbiamo visto precedentemente dare il benvenuto a Paola.
L'altra è la zia di Paola. Il secondo tavolo è formato dal padre di Frichì, due
signore e l'avvocato Paparella. Ad un terzo tavolo sono seduti Livio con altri
tre signori. Intorno ai tavoli c'è gente in piedi che osserva. Vediamo Paola
entrare, avvicinarsi al tavolo della zia, e darle un bacio. PAOLA Ciao,
zia. ZIA Come sta il tuo amico inglese? PAOLA Gli ho mandato ora le
medicine, sta a letto con l'insolazione. Una bolla spessa così… SIGNORA E che
è una camera d'aria? ZIA (alle altre due signore) Un ragazzo straordinario.
La madre è di un'ottima famiglia inglese. Ora non mi ricordo come si chiama, ma
dice che danno il tu alla regina. SIGNORA Il tu in inglese non esiste. ZIA
Uh, Mariolina, come sei pignola, dicevo per dire che hanno
confidenza. SIGNORA Ma sei fidanzata Paola? ZIA Figurati, ci mancherebbe
altro. Quella è una ragazza. Nooo, lui l'ha conosciuta in Inghilterra, che era,
Paola, professore di qualche cosa? Gente per bene, distinta. SIGNORA Come ti
sei fatta bella Paola, figlia mia… ZIA Mariolina, giochiamo. "Passo…
passo… passo… apro… cip, cip…duemila… visto… visto…" La MACCHINA inquadra il
tappeto verde con qualche fiche di fagioli, poi passa a curiosare tra le carte
della mamma di Frichì, ed in P.P. osserviamo la classica, spasmodica "trezziata"
di un tris di Re. Paola si guarda intorno e finalmente trova ciò che cerca.
Ha incontrato gli occhi di Livio, che con un leggero cenno del capo, la saluta.
Paola si stacca dal tavolo della zia e si avvicina dove sta giocando il padre di
Frichì, poi si avvicina al terzo tavolo e, a piccoli passi, come per caso, con
una certa calcolata ipocrisia, fa in modo di trovarsi dietro le spalle di Livio,
proprio mentre Livio mostra i tre re e due assi che ha in mano e ritira il
cospicuo piatto. Con la coda dell'occhio avverte la presenza di Paola dietro le
sue spalle e dice: LIVIO Ah, mi pareva. Non ti muovere, eh! Mi porti fortuna.
Statti là. PAOLA Ma io mi stanco a stare qua in piedi. LIVIO Piglia la
sedia, va. Paola obbedisce, prende una sedia e si siede al fianco sinistro di
Livio osservando il gioco. LIVIO No. Mi devi mettere una mano sulla spalla,
sennò la fortuna non arriva. Paola poggia una mano sulla spalla sinistra di
Livio, Livio in quel momento perde il colpo e ne approfitta per dire: LIVIO
Tu la mano, scusa, la devi poggiare sulla spalla destra, sennò non
conta. Così gli poggia la mano sulla spalla destra, venendo a trovarsi
praticamente abbracciata con Livio. Il gioco prosegue così la faccia di Paola è
vicina a quella di Livio ed i due guardano le stesse carte. Alla fine vediamo la
mano di Livio che timidamente avanza sulla sua spalla per cercare la mano di
Paola. La trova e la accarezza. Una, due, tre volte. Paola lascia fare. La
MACCHINA si allontana da Paola e Livio vedendoli di
spalle.
DISSOLVENZA
E' notte. La luna, vista tra due barche tirate
a secco sulla spiaggia, gioca con l'acqua. Visto di spalle, con un fiasco di
vino in una mano Scisciò si avvicina ad un fuoco intorno al quale sono
accovacciati e seduti quattro o cinque pescatori. Stanno arrostendo sul fuoco,
passando e ripassando con lenti movimenti del braccio sulla fiamma, diverse
schidionate di alici. Le alici sono tutte infilate in una specie di giunco e
loro, tenendo questa specie di ramo impugnato, le arrostiscono. Quando Scisciò
arriva, si voltano verso di lui e si vedono le loro facce contro la fiamma,
Scisciò dice: SCISCIO' Qua ci sta il vino. Come andiamo? 1° PESCATORE
Assettateve, signorino Scisciò, tra pochi minuti il pranzo è
servito. SCISCIO' Ci vorrebbe un poco di pane casareccio. 2° PESCATORE Già
pensato. SCISCIO' Che fanno i totani stanotte? 3° PESCATORE Venite con
noi? SCISCIO' No, stasera non voglio fare tardi. 2° PESCATORE Assettate
qua, state più comodo. SCISCIO' Grazie, Ciccì. 4° PESCATORE E il cane che
fa? SCISCIO' Si sta pigliando il gelato. Le alici non le mangia. I
pescatori ridono come se avesse detta una cosa spiritosissima. Ad una certa
distanza vediamo uno scugnizzo che porge un cono gelato da leccare al cane.
Scisciò fa un fischio. Il cane, come una persona disturbata si volta, dà una
scrollata di testa e ripiglia a leccare. Lo scampanio della chiesa rompe il
silenzio bisbigliato della sera. Vediamo la cupola a squame di maiolica, gialle
e verdi scintillare nella notte sotto i raggi della luna. Dalla cupola della
chiesa, allargando la panoramica, col diffondersi del suono, vediamo tutta la
spiaggia di Positano. Sotto a uno dei due leoni di bronzo che stanno ai piedi
della scala che scende sulla spiaggia, una signora si sta pettinando guardandosi
a uno specchietto. E' una patatona simpatica e carnosa. CARR. indietro scopre
che chi la sta guardando è Frichì. Ecco che Frichì vede passare Pelos. Gli fa un
cenno. Pelos si passa la mano sulla fronte e con il pollice si segna una ruga,
allude al fatto del prete. Poi bisbiglia: PELOS Vai facile… Vediamo Frichì
in azione. Si avvicina alla patatona: FRICHI' Disturbo? SIGNORA No, no,
no. FRICHI' Ma io voglio disturbare. SIGNORA (ride
scioccamente). FRICHI' L'acqua è fosforescente. Vuole venire con me sulla
spiaggia a tirare i sassi? SIGNORA Sì, sì. FRICHI' Poi magari ci possiamo
fare pure il bagno: si vede tutto illuminato sott'acqua. SIGNORA
Bello! FRICHI' In un posto che so io, non ci sta nessuno. SIGNORA Sì,
sì. Frichì la guarda un po' deluso dalla facilità dell'avventura. Vediamo i
due allontanarsi. Pare non possa contenere l'ilarità che lo ha preso. Facendo
ruotare l'avambraccio in un ripetuto gestio, rivolgendosi a Cocò che è
sopraggiunto, dice: PELOS Hai visto a Frichì! Hai capito? Con la scema. S'è
infognato con la scema. Lui non lo sa che quella è scema. Cocò, ma che tieni?
Perché non ridi? COCO' Tu pensi a queste fesserie e io qua non so che fare…
tu hai capito? Mi vogliono mandare a LAVORARE in America. PELOS Io il
consiglio te l'ho dato. Dove sta scritto: E' ISCRITTO AL PARTITO COMUNISTA tu
metti: iscritto fin dal 1945. Quelli a queste cose ci badano. Voglio vedere
quale Console ti da' il visto quando tu hai scritto così. COCO' Ma, non è
vero… PELOS E a te che te ne importa? Tu scrivi così, poi se la vedono
loro. COCO' E io scrivo così e quelli non mi fanno partire? PELOS Ma
allora tu vivi in un altro mondo… Basta che tu scrivi ISTA e quelli figurati se
ti fanno entrare… COCO' Allora sei sicuro? PELOS Aaah! Te l'ho detto,
sicuro. Ma non leggi mai i giornali? COCO' Mai. PELOS E leggili,
informati, e vedi se non ho ragione. (si allontana facendo ancora un gesto con
la mano per tranquillizzare Cocò che si trova in uno stato di vera depressione
perché gli avvenimenti sono troppo grandi per lui, non sa più che pesci
pigliare…). In un caffè deserto vediamo Giovannella. Ha l'aria un po' bevuta,
triste, con una ciocca di capelli che le taglia a metà la faccia. Vedremo
entrare Pelos, che le si avvicina e sollevandole la ciocca di capelli come un
sipario, ci svelerà in P.P. la faccia impassibile ed annoiata di
Giovannella. PELOS Vediamo chi ci sta qua dietro. GIOVANNELLA Uffa, Pelos,
lasciami stare. … e Giovannella cambia posizione rimettendosi nello stesso
atteggiamento di prima, cambiando di gomito. PELOS Che tieni? … e nuovo
movimento di Giovannella che mantenendosi sempre col braccio la testa, la fa
ruotare appoggiando la palma della mano sulla fronte, di modo che il viso si
viene a trovare incorniciato nell'angolo formato dal braccio e
dall'avambraccio. GIOVANNELLA Non te lo voglio dire… PELOS E io lo so
già. GIOVANNELLA E allora è inutile che me lo chiedi. PELOS Allora stasera
ce l'hai proprio con me? GIOVANNELLA Ma chi ti pensa? PELOS E perché io
non penso a te? Stasera sei un amore… con quell'aria scombinata… GIOVANNELLA
Uhh, Pelos… PELOS Perché non ce ne andiamo? GIOVANNELLA (distratta) E
dove? PELOS (dopo una pausa) In un posto dove ci possiamo
abbracciare. GIOVANNELLA (sorrisetto malinconico e distratto) E' proprio una
fissazione. PELOS Eh… Pausa nella quale sentiremo meglio un disco che
suona F.C. GIOVANNELLA Tieni una sigaretta? Pelos gliela dà, l'accende,
Giovannella fa una, due boccate guardando come perduta un punto fisso, poi,
presa come da un'improvvisa risoluzione, si alza di scatto, pare per andarsene.
Pelos la guarda, stando ancora seduto. Lei lo guarda e sembra vederlo finalmente
per la prima volta, nella sera. E all'improvviso, come cambiando idea, gli
dice: GIOVANNELLA Andiamo. Pelos, sorpreso dall'improvviso tono di
Giovannella, e sospettando la natura dell'invito, prima la guarda senza capire,
poi, appena capisce, la segue docile come un cagnolino. I due si allontanano
verso un punto della spiaggia deserta. Dietro uno scoglio, vediamo sdraiati a
terra la patatona e Frichì. Frichì ha fatto progressi. La tiene abbracciata e
stretta e parla. La patatona è sotto di lui e lo guarda con un occhio tra
curioso e appena appena apprensivo. Frichì pare montato al punto
giusto. FRICHI' Non ci credi. E' vero, te lo giuro. Eppoi, no, no, non ti
muovere, resta così, sì così, come bella. Io le donne come te me le sogno la
notte. Tutte belle pienotte, burro e latte. No, ti ho detto di stare ferma,
rovini tutto, se no, così, amore, amore, così, sì, sì, amore, mia, sei mia,
adesso… Mentre Frichì si monta, vediamo la mano della signora afferrare un
pezzetto di legno sulla sabbia, poi risalire lentamente fino alla fronte
bruciante di desiderio di Frichì e, puntando il pezzo di legno come una
rivoltella: SIGNORA Mani in alto! Frichì è come se avesse avuto una doccia
fredda. La fissa stupito, sconcertato, scoraggiato, gli cadono le braccia e
rinuncia.
DISSOLVENZA Mattina dopo, a mezzogiorno. La MACCHINA
inquadra l'acqua bassa vicino alla spiaggia. Esplorando il fondo trasparente di
ciottoli, vediamo man mano i piedi e le gambe di Scisciò sott'acqua. Poi vediamo
lui sulla sfondo di una spiaggettina solitaria tra macigni che la circondano. E'
seduto con le gambe nell'acqua e il torace fuori, come un Budda marino. Con un
secchiello da bambino, si versa ogni tanto con ritmo stanco, uno scroscio
d'acqua sulla testa, beato. Più in là, all'ombra di uno scoglio, il
"commendatore" dorme. Vediamo Scisciò lanciare un sasso nell'acqua. Seguendo
i cerchi che si allargano dal punto dove è caduto il sasso, arriviamo in una
piccola insenaturina, con un fazzoletto di spiaggia. Troviamo riparati dalle
rocce, Livio e Paola. Sono sdraiati a prendere il sole, ancora bagnati. Livio
poggia la testa, di profilo, sul ventre di Paola, adoperato come cuscino. A due
centimetri dalla bocca di Livio, l'ombelico di Paola. Livio dà un bacetto
sull'ombelico. Paola dice: PAOLA Fermo… … e seccata si rivolta a pancia in
giù e la testa di Livio rotola sulla schiena di Paola: PAOLA Fermo… … e
Livio adesso gioca con il bordo della mutandina di Paola, infilando il dito
sotto la stoffa e facendolo scorrere pian piano. Paola, prima dà una botta
sulla mano di Livio, facendolo smettere, poi dice: PAOLA Fermo… … poiché
Livio ritorna all'attacco. F.C. sentiamo il rumore di uno schiaffetto, e poi
la voce indignata di Paola: PAOLA Fermo. Ma chi te l'ha insegnata
l'educazione?… Vediamo Paola alzarsi e correre felice verso il mare e
tuffarsi. Livio la segue per un attimo con lo sguardo, poi si alza e si lancia
dietro di lei, afferrandola mentre nuota per una caviglia. La tira a sé mentre
lei urla, ridendo, poi le dà una calata, e quando emerge senza fiato, coglie il
momento buono per darle un bacio sulla bocca. I due così, bocca sulla bocca, si
rotolano nell'acqua, vanno sotto ed emergono, e non si capisce se lottano o
giocano. Sopra la spiaggia, dove a pancia sotto, come coccodrilli, Frichì,
Cocò e Pelos, dopo una intesa di sguardi, scivolano lentamente nell'acqua.
Scisciò è l'unico che rimane sulla spiaggia, fermo a godersi il sole. Gli altri
navigano con l'acqua tagliata dal naso, proprio come coccodrilli, verso un
gruppetto di scogli. La MACCHINA li segue e vedremo Cocò indicare con un
movimento della testa un punto preciso tra gli scogli. Vedremo ora la MACCHINA
avventurarsi tra acqua e scogli dietro il respiro canino dei ragazzi, verso i
meandri della scogliera affiorante. Finalmente scopriamo sopra uno scoglio, un
costumino da donna steso ad asciugare. I ragazzi a questo punto, si sistemano
gli occhiali subacquei, e poi con una capovolta da delfini, li vedremo, uno dopo
l'altro, immergersi sott'acqua. Contemporaneamente, vedremo un braccio di donna
uscire dietro lo scoglietto dov'è il costumino, afferrare il costumino. Le facce
dei ragazzi emergono dall'acqua per riprendere fiato, giusto in tempo per vedere
la bellissima diciassettenne fare un tuffo da campionessa e battendo un crawl
velocissimo ed inarrivabile, nuotare verso la spiaggia grande. Per quanti sforzi
facciano, i ragazzi, anche se sono dei bravissimi nuotatori, non riescono a
raggiungerla. Adesso vediamo per prima la diciassettenne arrivare a riva. Esce
come una Venere dall'acqua, sorridente e per niente stanca. Si volta per vedere
dove sono i suoi inseguitori e li vede arrivare. Affannano come dei cani dopo
una corsa, con le faccine piuttosto stravolte. La diciassettenne non può fare a
meno di ridere francamente dei loro pietosi sforzi. Pelos, intanto si è ripreso
e dice: PELOS Scusa, ma quanto fai sui cento? DICIASSETT. Un minuto e
dieci. PELOS Allora sei una campionessa, lo dicevo! Mentre parla così alla
ridente fanciulla, egli avverte uno sguardo posato su di lui, telepaticamente si
volta e infatti scopre gli occhi sornioni di Giovannella fissi su di
lui. Giovannella è seduta sopra una ringhiera di legno di una cabina e
dondola le gambe. Pelos interrompe immediatamente la sua azione con la
diciassettenne e facendosi improvvisamente serio in volto, come se si dirigesse
contro un avversario da prendere a pugni, si avvia verso Giovannella. I due sono
vicini ora, colti in P.P. dalla stessa inquadratura. Lo sguardo di Giovannella
rimane inalterato, non si abbassa. Pelos con tono provocatorio, dice: PELOS
Che guardi a fa? GIOVANNELLA Ti guardavo. Chè, non posso guardare? PELOS
No. A me non mi piace come tu mi guardi. GIOVANNELLA Ho lasciato gli
zoccoletti alla "Buca", me li vai a prendere? PELOS E perché non ci puoi
andare tu? Io sto con loro, non lo vedi? GIOVANNELLA Vedo, vedo. PELOS
Giovannella, come sei indisponente! GIOVANNELLA Allora vai? PELOS
No. GIOVANNELLA E io parlo… … e lo guarda lungamente negli occhi con un
sorriso sfottente. Pelos, furente e nello stesso tempo tentando di minimizzare
le cose fingendosi soltanto infastidito: PELOS Uh, Giovannè… Giovannella
ride divertita. Pelos intimorito dall' "io parlo" di Giovannella le si accoccola
ai piedi e li lasciamo mentre Giovannella un po' per sfregio e un po' per sesso,
lo stuzzica dondolando i piedi e sfiorandogli la nuca. Sul C.L. vediamo Frichì e
Cocò che si allontanano dalla spiaggia tra gli ombrelloni con la diciassettenne.
La diciassettenne è una vera stanga.
DISSOLVENZA L'aumentato afflusso
dei turisti e dei villeggianti a Positano lo vedremo da: - spiaggia che
adesso è fitta di ombrelloni, e non c'è uno spazio libero per sdraiarsi. -
fiumane di persone che sbarcano dai vaporetti al mattino, dilagano nella
stradine che costeggiano la spiaggia ed i caffè. - Bagagli che si inerpicano
sulle spalle dei facchini improvvisati verso pensioncine aggrappato sopra
scoscese stradine o in cima alle scale, che a Positano sono motivo
dominante. - Tavoli affollati alla "Buca" e persone che non trovano posto per
sedersi. - L'arrivo di sovraccarichi pullman e l'impraticabilità degli esigui
spazi riservati al parcheggio delle automobili. - Litigi tra vetturini e
automobilisti. - La strada che da Positano alta scende in curve elicoidali
verso la marina tutta punteggiante di macchine che parcheggiano ai lati rendendo
difficoltosa la manovra delle auto che sopravvengono. Siamo in agosto,
insomma nel pieno della stagione. Un tardo pomeriggio. Sulla spiaggia c'è una
luce grigia che inargenta i ciottoli e il mare. Vediamo nitidi in questa luce,
con i visi precisi ed attenti, accovacciati a terra con le gambe incrociate ed
allineati, come se si trovassero seduti ad una tribuna per assistere ad una
partita di tennis: la diciassettenne al centro, ed ai lati, Pelos, Frichì,
Scisciò, Cocò ed altri ragazzi. Si sente ogni tanto nell'aria il rumore sordo
come di una lamiera colpita da un sasso. Ad ogni colpo il viso bellino della
diciassettenne si irradia di una luce di entusiasmo ed i commenti dei ragazzi
seguono: COCO' Ma stasera gli sta facendo pagare quello delle altre sere e il
resto appresso. PELOS Secondo me la mattina quando non lo vediamo si allena.
Sti inglesi sono ostinati. Finalmente la MACCHINA fa dietrofront e passa
dalla faccia dei ragazzi al gioco che si sta svolgendo sulla spiaggia. Vediamo
una fila di barattoli vuoti allineati sopra un muretto, e ad una certa distanza
Peter e certi giovinastri e pescatori del luogo che tirano i sassi contro i
barattoli, come nei giochi del Luna Park. Vediamo Peter che colpisce un
barattolo. Si sentono le grida dei ragazzi. La più entusiasta è la
diciassettenne. Peter e la diciassettenne si lanciano sguardi d'intesa.
Osservandoli Pelos dice a Scisciò: PELOS Secondo me, qualcosa
c'è… SCISCIO' Mi pare una giusta osservazione. DICIASSETT. Allora siamo
d'accordo per domani? SCISCIO' Sempre ansiosi. Ma non si può stare come tutti
i giorni a mare? PELOS Scisciò se non ci facciamo tirare, noi là sopra non ci
arriviamo mai, ci vogliono gli inglesi per queste cose. Sono sette anni che mi
dico: in fondo si dovrebbe fare. COCO' Dice che da là sopra si vede fino alla
Calabria. FRICHI' E che vedi? Una montagnella lontana. DICIASSETT. Alle
cinque. E tu porti la frutta a monte Faito arriveremo alle sette. E' bello a
quell'ora, col sole basso. PELOS Io propongo di alzarci alle dieci e mezza,
pigliare il vaporetto delle undici, arrivare a Sorrento, fare una bella
colazione, pigliare il treno per Castellammare. Alle undici e mezzo pigliare la
funicolare e arrivare al Faito a mezzogiorno, con comodità e pronti per un bel
pranzetto. DICIASSETT. Ho capito, ho capito, saremo solo io e Peter ad
andarci. Intanto il gioco è finito, e a Peter che si avvicina, la
diciassettenne dice: DICIASSETT. Peter, domani mattina alle cinque saremo
soli… PETER (contando i soldi che ha vinto) Benissimo. Finalmente un po' di
vita sana. PELOS E intanto si conta i soldi che ha vinto a quei
poveretti. FRICHI' Non ti vergogni? PETER Fair play. FRICHI' E che
sarebbe? PETER Che ho giocato lealmente. Ieri vincevano loro. PELOS
(ironico) E impara come se li guadagnano! Con fatica e sudore. Tu che ne
sai? PETER E tu lo sai? PELOS No, ma lo vedo. In quel momento si vede
Frichì che spinto da un moto forse di simpatia per Scisciò, vedendolo che sta a
guardare assorto e distratto il mare, gli si avvicina e gli dà una forte
schioccante bocca sul collo. La reazione di Scisciò è imprevedibile. Si volta di
scatto e dà uno spintone a Frichì che cade a terra. E mentre questi a terra lo
guarda, dal basso in alto, si vede il viso congestionato di Scisciò che
urla: SCISCIO' Come ti permetti! La dovete finire, tutti quanti, la dovete
finire, avete capito? PELOS (con voce normale e per calmarlo) Va bè Scisciò,
ma in fondo che ha fatto? SCISCIO' Zitto tu, pure tu la devi finire,
cretino. PELOS Ma che tieni? SCISCIO' Che dovete stare a posto
vostro. COCO' E ci sta bisogno di arrabbiarsi così? SCISCIO'
(avvicinandoglisi minaccioso) Lo so io, hai capito quello che debbo fare? Hai
capito. E se tieni qualche cosa da dì, parla. Dà un altro spintone a Cocò e
dicendo: SCISCIO' Tutti la dovete finire, tutti, tutti… … si allontana.
Tutto intorno, improvvisamente si è creato il silenzio. Vedremo i P.P. della
gente presente al fatto, sorpresa, e desiderosa di sapere le ragioni
dell'improvviso scatto di Scisciò. I ragazzi rimangono tutti in silenzio
allibiti. Peter e la diciassettenne, un po' imbarazzati, si guardano, poi Peter
prende la diciassettenne sotto il braccio e discretamente si allontana con lei.
Pelos, Cocò e Frichì stanno ancora in silenzio. Frichì per primo
parla: FRICHI' Ma tu lo capisci? PELOS (fa una smorfia come per dire:
bah) FRICHI' E tu lo capisci? COCO' (stesso gesto di Pelos) … li
vediamo avviarsi, un signore si avvicina e domanda: SIGNORE Ma che è
successo? PELOS Niente, avvocà, niente… Li vediamo in un altro punto della
strada, vicino alla farmacia che parlano sempre dello stesso argomento. PELOS
E' la terza volta che lo vedo fare una scenata del genere. L'anno scorso con
Tonino Mangilli, per poco non finiva a cazzotti. FRICHI' Secondo me quand'uno
invecchia. Ma quella volta che fu? COCO' Un'altra fesseria. Tonino aveva
bevuto nel suo bicchiere. Ora io dico che ci sta di male? E quello per poco non
se lo mangiava. PELOS Io dico che non sta bene, invece. Dev'essere una specie
di malattia di rabbia e di tristezza, hai capito? Io la vedo così. Lo guardavo
in faccia mentre si arrabbiava. Che vi debbo dì, mi faceva pena. Sulla porta
della farmacia, il farmacista, come un coretto greco, commenta i loro discorsi
con una filosofica strofetta. FARMACISTA E va bene… cosa da
niente tutto s'accomoda pacatamente… PELOS Professò, ci offrite un
rabarbaro? FARMACISTA Sta là, pigliatevelo, tanto non fa niente. PELOS
Sempre ottimista, professò. Li vedremo entrare nella
farmacia.
DISSOLVENZA Siamo a tavola fuori una terrazza coperta,
attraverso gli archi si vede lontano, in basso, il mare. Sulla tavola i resti di
una cena abbondante. Ci sono Giulia, Pelos, Frichì più due tedesche assai
vistose. Giulia, come seguitando un discorso già iniziato: GIULIA Non
soltanto tutto gratis, sono pagata. Perché si tratta di un lavoro. PELOS Come
un lavoro? GIULIA Si capisce. Le avete mai viste le guide turistiche? Io
lavoro per "Cucine e alberghi d'Italia". Devo segnalare i posti dove si mangia
meglio e dove si dorme meglio. E aggiungere anche qualche particolare più
raffinato come se nel paese c'è la banda, quanti garages, quante case natali di
figli illustri. A secondo di quante forchette e coltelli incrociati trovi
accanto al nome del ristorante, si capisce come si mangia. A seconda del numero
delle cassette e della loro grandezza, si capisce la grandezza o l'importanza o
la comodità dell'albergo, se c'è una bella vista, il numero dei letti
disponibili, eccetera, eccetera. FRICHI' Come, come, come… esistono lavori
così? Ma non è scocciante, no? GIULIA Ora sto lavorando. E' scocciante? Siamo
venuti qua, abbiamo mangiato, ora ce ne torniamo a Positano, ed io ho fatto il
mio lavoro. PELOS E in più ti pagano? GIULIA Sì. Perché voi vedete il
lavoro come una cosa che riguarda dei bruti che colano sudore. Siete gli ultimi
romantici, proprio. Perché esistono catalogate le maniere "per risolvere la
giornata", come dice Scisciò, coi Sindacati, i sussidi, pure, ci sono le
officine, è vero, ma ci sono anche le Guide turistiche, le boutiques, le
consulenze… Basta leggere gli annunci economici. PELOS Fammi il favore non ne
parlare a Mimì quando arriva, e neppure a Scisciò, li potresti mettere in crisi,
arrivi tu e sentono che bella bella vai, vieni, dormi, viaggi, e in più sei
pagata, eh? Pare che lo fai apposta per sfotterci. FRICHI' Vuoi sapè una
cosa? M'hai fatto passare la voglia di mangiare. In quel momento arriva il
proprietario del ristorante e domanda premuroso: PROPRIETARIO E' andato
bene? Giulia prende forchetta e coltello, l'incrocia, li mostra al
proprietario del ristorante che, soddisfatto sorride e dice: PROPRIETARIO Mi
permetto di offrirvi un liquorino? (ed esce) PELOS E dopotutto, pure il
liquorino. Io non mi faccio capace. Con quella faccella pulita pulita, con
quegli occhioni da ingenua, questa ci frega a tutti quanti, maledetta! Adesso
vediamo un vecchio tassì correre lungo la strada che da Praiano porta a
Positano. E' una macchina con i parafanghi molto larghi, e vediamo in P.P. la
faccia tra spaventata e stupita delle tedescone, quella divertita di Giulia che
ride, e il tassista che borbotta. Mentre borbotta, di dietro Frichì gli abbassa
il cappello a visiera sugli occhi. Piccolo sbandamento della macchina, il
tassista bestemmia, finalmente vediamo Pelos sdraiato con le spalle poggiate
sopra un parafango. Si accende una sigaretta, ma la manovra non gli riesce, e
sempre mentre il tassì è in corsa si alza in piedi sul predellino, sale sul
tetto della macchina, e infine lo vediamo seduto con le gambe che penzolano
all'improvviso davanti al parabrise. L'autista non ne può più. Si ferma. Scende
dalla macchina e dice: AUTISTA Signorino Pelos, se non andate dentro io non
mi muovo. Giulia afferra Pelos per un braccio e dice: GIULIA Vieni,
su. La macchina si mette in moto, e nell'interno si vedono scene di
aggressione alle tedescotte che ridono e alla Giulia che scherzosamente si
schernisce.
DISSOLVENZA
La stessa allegra confusione ritroviamo
nella stanza dell'albergo dove Giulia alloggia. Sul suo letto, sono stravaccati
Frichì con una delle due tedesche, Frichì le sta parlando all'orecchio e vedremo
la tedesca ridere rumorosamente. Seduta a terra, di fronte allo specchio
dell'armadio vi è l'altra tedesca. La tedesca sta misurandosi un cappello di
Giulia. Giulia con una espressione molto diversa, tra infastidita e allarmata
per l'inconcepibile disordine portato nella sua stanza, si aggira con l'occhio
vigile da un angolo all'altro della stanza cercando di rimediare come può ai
danni. Pelos è seduto sul bordo del letto e sta parlando al telefono con il
portiere. Ha preso senza un preciso scopo un libro posto sul comodino accanto al
telefono. E' il libro che Giulia legge prima di addormentarsi, lo si capisce
anche da un foglio di carta che sporge dalle pagine, è il segno che Giulia ha
messo per marcare il punto dove è arrivata. PELOS (al telefono) Luigi, tu mi
senti? (rivolgendosi agli altri) E state un poco zitti non si capisce niente.
Dunque, dicevo, sì, per Maratea, per Maratea, chi è Ciccillo che tiene un
motoscafo. E quanto vuole? Benissimo, proprio come dicevo io. Anche Luigino, che
è un deficiente, ha capito, che conviene il motoscafo. Perché col treno perdi
tempo e arrivi di notte. GIULIA Non è questione di convenienza… Devo andare
in treno… Attento al segno… Giulia indica con lo sguardo un po' allarmato il
suo libro che Pelos ha in mano. La sua invocazione risulta vana. Pelos estrae il
foglietto che fa segnapagina e cavando di tasca una matita dice: PELOS
Comunque, ora ti segno il costo della corsa e il nome del marinaio. GIULIA
(rassegnata, tra sé) Bè, mi ha perso il segno, pazienza. Intanto sul letto
Frichì e la tedesca continuano a ridere ed a sussurrarsi incomprensibili cose.
Si vede la gambetta di Frichì che insegue per strofinarvicisi la gamba della
tedesca, e questa che fa un po' la ritrosa, e la ritrae. Questo movimento di
inseguimento e fuga viene seguito dall'attento occhio di Giulia che vede in
pericolo un bicchiere posto su di un tavolinetto accanto ai piedi del letto.
L'altra tedesca sta sempre davanti lo specchio a provare il cappello. Ad un
certo punto la tedesca si alza, si avvia verso la camera da bagno, seguita a
ruota dall'altra tedesca e da Frichì. Dal bagno arrivano rumori preoccupanti di
acqua e tonfi. PELOS Che succede, di là? GIULIA (con aria seccata) Delle
sciocchezze. Mentre vediamo Pelos alzarsi, vedremo aprirsi la porta del bagno
e uscire una delle due tedesche con i capelli bagnati e gocciolanti sul
pavimento e Frichì che si è arrotolato un asciugamano sulla testa, tipo
turbante. FRICHI' Sentivo caldo. Ha detto che rassomiglio a un Dio indiano. A
te che te ne pare? PELOS (con disprezzo) Se lei ti vede così… chi si contenta
gode. Ora dal terrazzino giunge il richiamo esilarato-affannoso di
Cocò. COCO' Ve lo ricordate a Tullio Capece, sta qua con la sposa in viaggio
di nozze. FRICHI' Sono venuti a depositare le uova a Positano? Tutti
escono seguendo Cocò: anche le tedesche. PELOS Venite anche voi,
schiave. … grida Pelos apostrofando le due bamboccione che lo seguono ridendo
fuori sulla terrazza. Le grida, le risate ed i tonfi vengono adesso dalla stanza
degli sposi. Giulia si sente dal bagno, dove è andata a mettere ordine. E' tutto
allagato con gli accappatoi a terra e il borotalco sparso sul lavandino. Giulia
brontola irritata. GIULIA Me le sono tirate in casa io queste due
sporcaccione. Si sente il telefono suonare e Giulia va a
rispondere. GIULIA Pronto, pronto… Signorina, non si sente niente… signorina
stavo parlando… Ma il rumore che viene dai ragazzi nell'altra stanza le
impedisce di sentire la comunicazione. Corre alla finestra, la chiude. Nel
ritornare al telefono in fretta Giulia fa cadere il bicchiere che prima avevamo
visto in bilico. Fa un gesto come per dire: tanto cosa più cosa meno, è tutta
una rovina, poi la risentiamo al telefono: GIULIA Pronto! Sì, Vitali?… Avete
ricevuto il materiale? Eh, no, sono stata fuori stasera, c'era bisogno di
chiamarmi a quest'ora? Eh, lo so, la data, la data, mi state ossessionando con
la data. Domani vado a Maratea. Eh no, Sorrento per ultima… Insieme con Ravello…
Così preferisco. Tra una decina di giorni avrò finito, spero. Mentre lei
telefona, nella stanza accanto è sceso il silenzio. Finita la telefonata, Giulia
va a vedere cosa è successo. Esce sul terrazzino, vede che tutto è buio, non c'è
nessuno. Rientra nella stanza. Comincia lentamente ora a raccogliere una cosa,
ora a ricercare la pagina del libro per rimettervi il segno, ora a pulire una
macchia di bagnato. Poi chiama il portiere al telefono e dice: GIULIA Per
favore mandi qualcuno a prendere le bottiglie e i bicchieri. No, no, il whisky
lo metta sul mio conto. Parlando, si sdraia sul letto, stanca, e con i piedi
si sfila le scarpe che cadono sul pavimento. La MACCHINA intanto, panoramicando,
si avvicina alla finestra. Fuori è notte e si sente lontana una musichetta
proveniente dalla Buca, e rumori notturni. DISSOLVENZA
Ora, dalla
stessa posizione, la MACCHINA inquadra l'alba. Panoramicando all'indietro,
ritorniamo su Giulia che ora dorme vestita come l'abbiamo lasciata. Stiamo su di
lei per un attimo. La vediamo stringere le palpebre per il fastidio della luce.
Si alza. A tentoni si avvicina alla finestra e la chiude. Riprendiamo dal di
fuori il movimento di chiusura di finestra. La MACCHINA, dalle imposte chiuse,
si sposta lentamente sulla spiaggia che è deserta. Vediamo sul bordo della
spiaggia due cavalli con i garretti nell'acqua bassa ed i cocchieri che li
stanno lavando. Vediamo anche l'arrivo di una paranza ed i pescatori che
scaricano le reti, mentre un gallo fa tremare le montagne con un vigoroso
"chicchirichì". Guardinghi, grigi e silenziosi, come gatti, da una finestra
sgattaiolano Pelos e Frichì e si vedono le faccione delle tedesche stanche ed
assonnate che li osservano nella manovra. Pelos già tutto fuori, ha un attimo di
gentilezza, con una mano impugna le guancione della sua tedescotta, e come se
suonasse una tromba di automobile, la palpa. Poi si porta la mano alla bocca e,
già pentito nel momento che lo fa, dà un simbolico bacio alla mano. La
tedescotta fa un cenno di saluto, poi le imposte della finestra vengono chiuse.
Vediamo di spalle Frichì e Pelos che si allontanano verso la spiaggia. Poi
insieme si fermano, si guardano come per dire: ma che abbiamo fatto? E Pelos
interpretando mimicamente la situazione, alza gli avambracci all'altezza della
sua bocca, finge di sputarci sopra e dice: PELOS Ste povere braccelle, ste
belle carnicelle, insieme a quelle due schifose. Dopo di ciò, senza
salutarsi, i due si allontanano verso direzioni
opposte.
DISSOLVENZA
Scisciò è in piedi davanti alla corriera che
sta per partire verso Sorrento. C'è intorno il solito traffico che precede le
partenze. Si sente F.C. la voce di Scisciò che dice: SCISCIO' E mi
raccomando, comportati bene. La MACCHINA inquadra la testa del cane "il
commendatore" nel finestrino. Serio e compunto come un diplomatico in viaggio,
il cane lo guarda con comprensione e distacco. La corriera parte. Scisciò si
avvia verso il caffè. Lo vediamo entrare, ed avvicinarsi al telefono. Lo vediamo
in P.P. accanto all'apparecchio. SCISCIO' Signora Righetti, allora rimaniamo
d'accordo così. Tre cuccioli a me, e il resto a voi… E no, scusi, ne potrebbe
fare anche dieci… Sì, sì, è partito or ora, mi raccomando trattatelo con
gentilezza… è molto sensibile speriamo che non si disgusti. Appena ha posato
il ricevitore si sente chiamare con enfasi esagerata. Si volta e vede una
signora molto dipinta, molto volgare, con un grosso sedere. Amalia
Scognamiglio. La signora sta con un'amica che ha un bassotto in braccio. La
signora dice: SIGNORA Scisciò, l'altra sera vi abbiamo aspettato inutilmente…
Peggio per voi, che la signora De Notaristefano aveva fatto un sufflè di patate…
Ve lo siete perduto… La signora in questione sorride schermendosi. SIGNORA
Eppoi ci stava Ernesto che cantava così bene. Quello mo è uno come voi, senza né
arte né parte. SCISCIO' (abbozza sorrisi) SIGNORA Prendete un
aperitivo? SCISCIO' No, grazie. SIGNORA (al barista) Dategli un aperitivo.
Mettetelo sul mio conto. La signora esce, seguita dallo sguardo di
compatimento di Scisciò.
DISSOLVENZA
Visto dall'alto di un
precipizio un sandolino è come una formica bianca nell'azzurra distesa. Ma il
paesaggio cambia visto dal sandolino che si approssima alla spiaggia. La
montagna incombente, battuta e spaccata dal sole, frana tra i ciottoli, e massi
enormi sono disseminati sopra la spiaggia e caduti a mare. Il sandolino in
questo paesaggio approda come un piccolo gabbiano dolcemente sulla
battima. Sasà lo solleva a prua e lo tira a terra. Poi, riparandosi gli occhi
con la mano, scorge poco lontano l'altro sandolino. Ne cerca la proprietaria ed
avanza solo nel deserto di ciottoli luccicanti al sole. Di tanto in tanto si
china a raccogliere una di quelle palle lo colpisce alla nuca. Si volta indietro
ridendo perché già capisce che a tirare quel proiettile è stata Giovannella, ed
ecco che lei gli piomba addosso come una belva capace di sorpresa, dall'alto di
un masso. L'assalto improvviso e violento fa precipitare i due a terra.
Ridono. E quando si ritrovano fermi, abbracciati, sui ciottoli Sasà afferra i
capelli alla nuca di Giovannella, le dice: SASA' Pazza. … e mentre lei per
civetteria fa resistenza con la testa, lui avvicina lentamente, con sforzo la
bocca di lei alla sua. Mentre la bocca ridente si avvicina sotto la pressione
alla sua, lui le soffia in faccia. SASA' Pazza, tu si' 'na pazza… Ora le
due bocche sono vicine, e il bacio è lungo e raffinato. Comincia con lentezza,
sfiorando le labbra, poi si disperde agli angoli della bocca in piccoli e
superficiali assaggi, con un'improvvisa subitanea violenza si impossessa della
bocca, poi di nuovo sfugge e adesso è Giovannella a tentare gli assaggi, facendo
morire Sasà nell'attesa. Di nuovo Giovannella aggredisce la bocca di Sasà. Dopo
il bacio i due improvvisamente si separano in un'estasi di beatitudine allargano
le braccia a croce sulla spiaggia, e respirano profondamente felici, guardando
le nuvole che trascorrono sulle loro teste e le prospettive capovolte delle
montagne. Mentre stanno così Sasà si solleva sui gomiti, poi con una certa
indolenza, si alza, fa alzare anche Giovannella. Li vediamo ora di spalle che
corrono verso il mare.
DISSOLVENZA
Li rivediamo sempre che si
tengono per mano, risalire dal mare verso la spiaggia, grondanti e leggermente
affannando. SASA' Bel bagno. GIOVANNELLA Era fredda l'acqua. Ora si
sdraiano l'uno accanto all'altro. Stando sdraiata, e pronunciando le prime
battute, Giovannella piano piano si accosta sempre più al fianco di Sasà, fino
ad aderirvi. Poi mette la testa nell'incavo dell'ascella di Sasà. GIOVANNELLA
Ma come pizzica qua. Che ci stanno le pulci di mare? SASA' Noo, che pulci di
mare? GIOVANNELLA Stendi meglio sto braccio. Fammi appoggiare la
testa. SASA' Ahhhaa, ma tu vuoi proprio tutte le comodità, eh? GIOVANNELLA
Scusa tanto. Ti voglio stare vicina. Una volta ogni tanto che uno si
vede… SASA' Una volta ogni tanto, Giovannè, ogni volta che uno
può. GIOVANNELLA Ogni volta che uno può, ogni volta che uno può… ogni volta
che uno può. Oggi posso domani non posso, dopodomani posso. Ecchè, sto al
servizio tuo?
Mentre dice questo, di nuovo respira, e dopo una
pausa: GIOVANNELLA Sempre quella in mezzo. SASA' Quella in mezzo?
Giovannè, quella è mia moglie. Ci siamo sposati. Ci sta un contratto, lo sai o
no? GIOVANNELLA Eh, già, ma proprio ogni minuto. SASA' Eh, ogni minuto,
Giovannè. E poi tu lo sai, io lavoro nell'ufficio del padre. Oramai mi sto
facendo una posizione. Lo sai, sto diventando quasi capufficio. GIOVANNELLA
Lo vedi, lo vedi? Tutto per interesse fai. A questo punto vediamo Sasà che si
alza prima sui gomiti, poi in piedi. L'atmosfera tra i due è cambiata. Non c'è
più la gioia di prima. Sasà tira un sasso in acqua poi un altro. Giovannella lo
guarda, torva. Sasà si sente pesare dietro le spalle quello sguardo, lo incrocia
con fermezza, e, vedendo tutto quello che Giovannella pensa, decide di essere
chiaro. SASA' Giovannè, per favore… ste cose lasciamole perde. Anzi è bene
che lo sai subito: io domani parto. GIOVANNELLA (sorpresa) Parti? E dove
vai? SASA' Vado a Londra. GIOVANNELLA E che vai a fa? SASA' Giovannè,
io lavoro… che ti credi, che so fatto come a Scisciò, come a Frichì, come a
Mimì, come a Pelos, sempre a panza al sole. Io so fatto diverso da loro. Io
lavoro, e devo andà a fa sta cosa a Londra. GIOVANNELLA Secondo me, qualcuno
glielo avrà detto a questo tuo parente… SASA' Ma come parente? E' mio
suocero, Giovannè, è il padre di mia moglie. GIOVANNELLA Come ci tieni, a dì
mia moglie… E' una che ti mette al riparo da tutto. Tuo suocero, allora, il tuo
caro suocero ha dovuto sapè qualche cosa. Ti fa viaggià troppo, secondo me ti
vuole togliere da qua. SASA' Eh. Non mi vuole far fare la fine di quelli là.
E anzi, visto che l'hai capito, te lo chiedo per favore, finiscila con le
telefonate in ufficio, tanto lo sanno che sei tu. GIOVANNELLA Tu lavori e sei
antipatico. Quelli non fanno niente e sono simpatici. Tu sarai quello che vuoi
tu, ma se tu non fossi bello a me di te non me ne fregherebbe niente. Per
esempio, Pelos è molto più simpatico di te. SASA' (voltando le spalle a
Giovannella) E va bè, allora stattene con Pelos e a me non mi scoccià. Poi,
senza voltarsi, giocherellando con dei sassi, quasi parlando a se stesso, dice
senza guardarla: SASA' Giovannè, tu te lo devi mettere in testa. Insomma
quando noi ci siamo conosciuti, lo sapevi, questa è una situazione così, l'hai
sempre saputo. Le cose stanno così, tu dici che non te ne importa, hai sempre
detto così, e poi… a me mi dispiace che ogni volta… perché io a te ti voglio
bene… Si volta, e vede che Giovannella non c'è. La vede ora che si sta
allontanando dalla spiaggia sul sandolino. Irritato, la chiama
ripetutamente. SASA' Giovannella… Giovannè… Ma sei proprio una stupida, non
fa così… Sei proprio una cretina… Irritato Sasà afferra una di quelle palle
di alghe e la lancia contro il sandolino che s'allontana con
Giovannella.
DISSOLVENZA
Sul movimento della mano vista in P.P.
tra acqua e cielo, passiamo immediatamente e sempre in P.P. sopra un'altra mano
pronta a ricevere il pallone da pallanuoto, che infatti arriva. Sul "op" di
Frichì che ha ricevuto il pallone vediamo i successivi passaggi fatti a Pelos, a
Cocò e ad un altro. Un pallone tirato più forte supera la testa di Pelos. Pelos
si volta per raggiungerlo. Seguendo il volo del pallone scopriamo più al largo,
al di là della linea d'ombra che il promontorio getta nel mare, nel sole, una
sedia a sdraio galleggiante sull'acqua, con uno sopra che vi sta disteso. Ci
avviciniamo allo strano galleggiante e vediamo Mimì, che sorregge in mano un
bicchiere pieno di champagne e lo sbevucchia, con uno sguardo altezzoso, rivolto
dalla parte dei giocatori di pallanuoto, ma, disinvolto e non curante come se si
trovasse al circolo Savoia o a Via Veneto. Adesso un urlo arriva dalla parte dei
giocatori: Mimì. Sembra una gara sui cinquanta stile libero, vediamo sei piccoli
siluri con la scia bianca dirigersi verso la strana sedia. Ci avviciniamo con
Frichì, Pelos, Cocò e vediamo due grosse botti legate sotto la sedia con delle
funi. Echeggiano sull'acqua le grida ancora affannate di "Mimì, Mimì, Mimì"
pronunciate dalle diverse allegre voci dei ragazzi. Pelos, guardando subito la
bottiglia nel cestello del ghiaccio, legata ad uno dei braccioli della sedia a
sdraio, dice: PELOS Dammi un poco di champagne. GLI ALTRI Un poco pure a
me, un poco pure a me, un poco pure a me. MIMI' Ma come, uno parte, va in
crociera, dopo tanto tempo torna e voi (rifacendo sprezzamente il verso): voglio
un poco di champagne. Tè, tè, pigliate, ma che fetienti! Uno fa tanto, ho fatto
questo bell'ingresso, sopra sta sedia a sdraio, con sto marchingegno da sotto,
hai da vedè che fatica c'è voluto per farlo montà dal marinaio dello yacht,
cocciuto, sa! Diceva che non si teneva a galla, eppoi non riusciva a capire
perché, e tutto per un pubblico di quattro fetienti che dicono: voglio lo
champagne, dammi no poco de champagne… Dove stanno le donne? PELOS Le donne?
E che donne? Quest'anno non ci sta nessuno. FRICHI' Hai fatto bene ad
andartene. MIMI' Bene? Tu devi vedere io che ho passato sopra quello yacht.
Un servizio pessimo. Lo champagne l'avete assaggiato? Vedete che porcheria, la
mattina il caffè lungooo, schifoso. Insomma vi assicuro, io mi sentivo proprio
uno schiavo in galera. PELOS E la padrona della galera ha tentato? MIMI'
Eehhh! Una cosa orribile. Una nave carica di vecchie. Mai più. Non si faceva
nemmeno un poco di sonno filato in pace. Anzi a proposito, sto stanco morto. A
casa di chi vado? COCO' Mimì da me è occupato. MIMI' Basta voltare le
spalle e infilano un altro nel tuo letto. FRICHI' Ci sta la camera della
milanese che è libera al pomeriggio. Quella va, viene, oggi non ci sta. MIMI'
Allora spingetemi a terra se no mi addormento qua. Ma chi è sta
milanese? PELOS E' una simpatica, ci ha fatto fare un sacco di
risate. MIMI' Io non voglio essere disturbato. Ho sonno e voglio dormire. Ma
Scisciò non ci sta? FRICHI' Torna stasera. E' andato a Capri. Queste
ultime battute sono dette mentre la sedia galleggiante, con sopra Mimì, spinta
dagli altri si allontana. In C.L. la vediamo di spalle approdare alla spiaggia,
in mezzo ad un piccolo assembramento di persone. In fondo Mimì un po' del suo
scopo l'ha raggiunto: dare una certa teatralità al suo
arrivo.
DISSOLVENZA
Sul portiere dell'albergo dove vive Giulia,
alle prese con Frichì e Pelos. PORTIERE Ma insomma. Va bene che è Mimì, ma
dico io, uno entra in albergo così, coi piedi bagnati nei corridoi, mi volete
far perdere il posto? E poi a chi l'ha detto la signorina della chiave? PELOS
A noi,Viciè, a noi (rivolto a Frichì) Sti pescatorielli, basta che gli metti una
divisa con la coppola e i gradi già si sentono un'autorità. FRICHI' E
rispetta il sonno degli altri: sveglialo alle sette e mezza col
caffè. PORTIERE E la signorina? PELOS Quella lo sa. Ha detto che viene
stasera tardi. Il portiere alza le spalle, e i ragazzi si
allontanano.
DISSOLVENZA Giulia entra nella camera. Ha un borsone
appeso al braccio e due zoccoletti legati insieme pure appesi allo stesso
braccio. Un cappello di paglia un po' informe appoggiato appena sulla testa
spettinata, gli occhiali neri sulla punta del naso. Così carica, alza gli occhi
disapprovanti verso la finestra e si avvia diretta ad aprire le persiane. Mentre
si fa luce nella stanza, si sente un gemito venire dal letto. L'improvvisa luce
ha disturbato Mimì. Giulia, si avvicina al letto non senza stupore. Esita un
istante col viso compunto davanti alla forma umana, tutta avvolta
disordinatamente nel lenzuolo, poi ne solleva un lembo. Il suo viso passa
lentamente da un'espressione irritata, come chi è pronto a fare una scenata, a
una pausa espressiva. Giulia sembra sorpresa al tempo, poi un sorriso veramente
gaio la illumina. Lascia cadere il lenzuolo e in punta di piedi si toglie il
cappello, va in bagno, e ne riesce subito con una vestaglia indosso al posto
dell'accappatoio, rientra subito nel bagno e si dà una spazzolata ai capelli,
poi dopo essersi guardata intorno senza veder precisamente nulla, si siede piano
piano sul bordo del letto, un po' scomoda, un po' rigida e sorride a bocca
chiusa guardando per terra. Restando un attimo sul silenzio e l'immobilità della
camera è come se fosse passata un'ora. Mimì in una girata apre gli occhi. Giulia
è lì. Richiudendo gli occhi dice: MIMI' Uhe! Giulia, dammi il
caffè. Giulia scostandosi a sedere più in su, prende il telefono e chiede a
voce bassa come quando c'è qualcuno che dorme vicino: GIULIA Mi fa portare
due caffè, molto forti, per favore. Giulia ritorna a sedere indietro e c'è
ancora un vago silenzio. Il silenzio è rotto da un rigurgito di russare. Mimì
s'è voltato e, coprendosi come i gatti gli occhi, con una mano, riprende a
dormire. Giulia si avvicina a lui dall'altro lato del letto, si accoccola con la
testa all'altezza della testa di Mimì, e gli tira via la mano dagli occhi. Mimì
la rimette a posto. Giulia la ritira di nuovo. Finchè vediamo tra due dita
allargate della mano di Mimì un occhio perso che guarda Giulia senza ben capire.
La cosa fa ridere Giulia. Ma intanto bussano alla porta. Giulia si alza e va ad
aprire. E' il cameriere col caffè. Mentre Giulia lo sta ritirando, vediamo Mimì
seduto sul letto, ritto, con gli occhi sbarrati e le mani incrociate sul petto,
che la guarda. Giulia si volta e finalmente i due incrociano gli
sguardi. MIMI' Giulia! E tu che fai qua? GIULIA Questa è la mia
camera. MIMI' (dopo una pausa) Giulia! Per favore poggia quella guantiera da
qualche parte. GIULIA Non volevi il caffè. MIMI' No, ti voglio
abbracciare. Abbracciamoci, no? Giulia deposita obbedendo il vassoio sopra il
comodino e, con una certa civetteria, si siede a fianco di Mimì. Ma lo sguardo
gli va ai piedi di Mimì che sporgono dal lenzuolo largamente macchiati di
catrame. GIULIA Che piedi! MIMI' Sempre la stessa! Mimì l'abbraccia,
poi si vedono le loro facce a breve distanza l'una dall'altra che si
sorridono. MIMI' Stai bene. E io come sto? GIULIA Reggi bene. MIMI' Lo
sai che non ho pancia. Guarda, un buco. Seguendo il tuo consiglio. Ma che fai
qua? GIULIA Il solito. Lavoro. MIMI' Sempre quella cosa là? GIULIA No,
questa cosa qua… ma non ha importanza. MIMI' La milanese. Lo dovevo capire.
Glielo hai detto a quelli? GIULIA Silenzio più assoluto. MIMI' Gira gira,
finisco sempre nel tuo letto. GIULIA Che finezza! MIMI' Volevo dire niente
di male. Anche a Milano ero tuo ospite. GIULIA Apprezzo la
distinzione. MIMI' Resti molto? GIULIA Che cosa ti preoccupa? MIMI' E'
inutile più parli e più sei la stessa. GIULIA Adesso lo vuoi il
caffè? MIMI' M'ha fatto allegria invece rivederti. Lo sai che ho sentito la
tua mancanza? GIULIA E come mai? MIMI' Così. Intanto Giulia si è
alzata, è andata a prendere il vassoio e gli ha consegnato la tazzina. Mimì la
prende esistante. MIMI' Lo zucchero… GIULIA (allude allo zucchero) Ma sì,
dai, me lo ricordo. MIMI' Sì, brava. A me per questo mi sei sempre piaciuta.
Intelligente, ma sai come va trattato l'uomo. Le altre milanesi invece, fanno
troppo le padrone. GIULIA Tu però non puoi lagnarti delle Milanesi. Povere
innocenti, ti hanno molto coccolato. MIMI' Questo non lo posso negare, ho
successo. GIULIA Un successo folcloristico, più che altro, ma ce l'hai. Che
nervi mi facevi venire! MIMI' Se loro volevano la semplificazione, io davo
loro la semplificazione. Così non si sforzavano troppo a pensare. Il napoletano?
Ed eccovi il napoletano. E poi tu eri un poco gelosa. GIULIA Io? Figurati
gelosa… E' che l'eccesso di sfacciataggine m'imbarazza. E con te non c'è
limite. MIMI' Ma dì la verità, sono irresistibile. GIULIA Che
buffone! MIMI' Una volta mi facesti la scenata. GIULIA Non mi ricordo, ma
certo no. MIMI' Sì la facesti, la facesti, con la scusa del whisky sul
tappeto. GIULIA Quando ti persuaderai che era solo per il whisky sul
tappeto? MIMI' Me lo dai il pigiama? GIULIA Potresti fare lo sforzo di
ricordarti che porto solo le camicie. MIMI' Ce l'hai il
depilatorio? GIULIA Cos'è? MIMI' Lo usavo per la barba, a casa tua. Voglio
farmi la barba, rendermi presentabile, festeggiare l'incontro con una bella
aragosta all'americana. Qui le fanno benissimo. GIULIA Va bè, il rasoio
certo che l'ho, ti darò una vestaglia… Ma fammi il favore non cominciare a
impadronirti di tutta la roba mia se no mi piglia il trauma. Mi pare di essere
io la tua ospite. Non hai complessi, tu. Uno ti dà il dito e tu ti pigli
braccia, testa, gambe. MIMI' Lo vedi che fai la voluttuosa? GIULIA
Perché? MIMI' Involontariamente hai nominato tutte le parti del
corpo. GIULIA Cretino. Mentre così parlano Giulia si è alzata, ha aperto
un armadio, ha ritirato una vestaglia di spugna, Mimì la indossa sopra il
costume, ha fatto qualche gesto per mostrare qualche muscolo meglio tornito
degli altri, con esibizionismo, e si è avviato verso il bagno. Lì ha acceso la
luce, ha preso il sapone e si è incominciato ad insaponare la faccia. Giulia
parla a Mimì che di tanto in tanto si affaccia con la faccia insaponata dalla
stanza da bagno. GIULIA Però ti invidio. MIMI' E perché? GIULIA In
Grecia, con uno yacht sul mare divino di Ulisse beato te! Veramente a
te… MIMI' Non vedevo l'ora di tornare. GIULIA Ecco, appunto. Se ti tolgono
da questi posti sei perduto, vero? Se penso alla fuga che hai preso da Milano?
Cos'era? Una cosa di nostalgia… ufficialmente MIMI' No, stavolta non era per
questo. GIULIA Che t'è successo stavolta. MIMI' Prima di tutto i ricchi.
Sono diventati insopportabili. Una volta erano frequentabili, adesso non sai più
chi sono. GIULIA Avanti, non fare lo snob, che poi ti fai invitare lo
stesso. MIMI' Ah, te l'hanno detto? E che hanno inventato, fammi
sapere? GIULIA Le loro invenzioni non arrivano alla tua fantasia. MIMI' Ho
fatto impressione, eh? GIULIA In che senso? MIMI' Li ho lasciati come
tanti fessi, a bocca aperta. GIULIA Siamo ancora a quel punto, Mimì. MIMI'
Ma queste sono cose che contano. Solo che tu con quella maledetta mentalità che
tieni non le capirai mai. GIULIA Invece le capisco. Anche perché non c'è
molto da capire. MIMI' E allora devi dire che anche questa volta, non c'è
male. GIULIA Devo dire anche che passano gli anni e non diventi mai un
adulto. E' la tua forza. MIMI' Non lo vedi, ho qualche capelletto bianco. Poi
quando sarò vecchio me li farò platinare, tutto abbronzato, dirò ancora la mia
sulla spiaggia. GIULIA Allora diciamo che sei un bambino che
invecchia. MIMI' So tutto. Non continuare. Così mi piace e mi va
bene. GIULIA Dimmi della Grecia. Hai visto l'Acropoli? MIMI'
Noo! GIULIA Lo dici come se fosse un obbligo non vederla. MIMI' Non l'ho
vista. GIULIA T'è sfuggito il Partenone? MIMI' Sì. GIULIA Ma che avete
fatto? MIMI' Un giro nelle isole. GIULIA A Creta ci sarete stati. Il
palazzo di Knosso? MIMI' Come hai detto? GIULIA Il palazzo di
Knosso? MIMI' Sì, là ci siamo andati. GIULIA Tu non l'hai visto? MIMI'
Giulia, non ho visto niente. Là l'unica cosa che ci stava a bordo era lo
champagne. Sono stato sempre ubriaco. Però mare bellissimo. Color pavone. Una
meraviglia. GIULIA (ridendo) C'è di buono che nessuno avrebbe il coraggio di
confessarlo?! MIMI' Stai sola? GIULIA Sì, te l'ho detto che sono venuta
per lavoro. MIMI' Questo me l'immaginavo. Ci vediamo stasera,
allora? GIULIA Dove? MIMI' Giù. GIULIA Giù dove? MIMI' Giulia, non
cominciamo, che ne so, giù, dove si vedono tutti. Ormai Mimì sta per uscire,
sbarbato e vestito, perché durante questi colloqui si è preparato. Le manda un
bacio, apre la porta. Giulia rimasta sola scuote la testo come per dire: "sempre
lo stesso, irrimediabile" e comincia a rimettere a posto la
stanza.
DISSOLVENZA
Vediamo Mimì diretto verso la casa dove abita
Scisciò. Cammina sicuro, guardando da padrone intorno. Ogni tanto incontra
qualcuno che lo saluta con una carica di entusiasmo e con un modo di alludere ad
uno scherzo che poi non si sa bene a che si riferisce. Passa davanti ad un
negozio di frutta e prende una mela. La proprietaria del negozio inveisce. Mimì
la saluta. Dà un morso alla mela. La risputa. Ritorna indietro. Intanto la
proprietaria del negozio è rientrata. Mimì depone la mela col morso bene in
vista. Poi con calma ne sceglie e ne pulisce un'altra e se ne va mordicchiando
questa volta con soddisfazione. Un pescatore gli domanda: PESCATORE Dove sei
stato? MIMI' N' terra a Grecia. Adesso vediamo Mimì che è arrivato a casa
di Scisciò. Sale le scale e si ferma davanti alla porta tempestandola di pugni e
calci e urlando: MIMI' Aprite, aprite, polizia. Scisciò esce in pantofole,
lo guarda e gli dice: SCISCIO' Ma che sei, cretino? MIMI' Grazie per
l'accoglienza. Scisciò esce a guardare se Mimì ha fatto graffi alla porta,
poi rientra dicendo: SCISCIO' Quelli so pignoli, la casa la debbo
riconsegnare come era, che ti credi? MIMI' Non vedo "il
commendatore"? SCISCIO' Quello sta ancora figliando a Sorrento. MIMI' Li
ha già piazzati i cuccioli? SCISCIO' Trentamila. MIMI' Speriamo che si
renda conto e faccia il suo dovere. SCISCIO' Gli ho parlato e deve avermi
capito. Non mi deluderà. Quando sei arrivato? MIMI' Oggi. Ah, a proposito, la
conosci quella milanese? SCISCIO' Chi, Giulia? MIMI' Sì. Sono finito a
casa sua. E' una che ho conosciuto a Milano. Ho passato un bel guaio. Quella è
venuta per me. SCISCIO' Ah, la conoscevi già? MIMI' Milano,
1958! SCISCIO' Ah, sì, mi ricordo. MIMI' Me la sono trovata vicino al
letto, e ora che faccio? Scisciò quella se si mette appresso, tu lo sai come
sono queste milanesi quando si innamorano? Tu mi devi aiutare se no la mia
estate va a farsi fottere. SCISCIO' Ti trovo un po' ingrassato, lo
sai? MIMI' (preoccupato) Veramente? SCISCIO' Ma lo sguardo è
vivo. MIMI' No, Scisciò, non mettere pezze a colore. Ingrassato di qua (e si
tocca il sedere) o di qua (e si tocca la pancia). SCISCIO' (allargando le
mani sulle guance e ridendo) Di qua. Sai quelle belle cernie, chiatte
chiatte. MIMI' Scisciò ricordati che se crollo io, crollerai pure tu subito
dopo. Qua dobbiamo stare riuniti ed incoraggiarci coi complimenti. Guarda, per
esempio, come guizza ancora il dorsale sotto la maglietta (esegue). SCISCIO'
Ma lo sai che oggi l'uomo muscoloso non è più di moda. Piace solo ad un certo
genere. Le ragazze, caro mio, non ci badano più al muscolo. MIMI' Ma io sono
un po' muscolo e un po' cervello, me lo devi riconoscere. SCISCIO' A
proposito di cervello, Paparella ti va cercando. Mi ha deto in confidenza che si
sono fatti vivi quelli di Ischia. MIMI' Mercanti, tengono i milanesi di
Rizzoli, e si ricordano ancora i debiti del '53. Si sente bussare alla porta.
Scisciò va ad aprire. Entrano Cocò, Pelos e Frichì. COCO' (come continuando
un discorso)… ma Pelos, che vuoi? Lasciami stare, vedi che uno sta così e
continui a fare lo spirito!… PELOS Ma io ti ho consigliato, che potevo
sapere… SCISCIO' Allora è proprio deciso? COCO' … Quello il console
appena ha letto il modulo s'è fatto una risata. Ha detto: Fossero tutti così i
comunisti, a centinaia li faremmo entrare, sarebbe risolta la situazione
mondiale. SCISCIO' Non ci hanno creduto? COCO' Non si sono nemmeno fermati
a considerare la cosa… Il console ha detto: Questo lo cancelliamo e basta. Tu
hai capito? Come se uno non potesse avere una fede. FRICHI' Però è vero, eh?
Non abbiamo mai preso posizione politica. Siamo stati sempre alla finestra a
guardare. PELOS Tu, per esempio, Scisciò, di che partito sei? SCISCIO'
Mah!… Veramente non saprei, non so decidere. PELOS Lo vedi? Mimì, tu non dici
niente? MIMI' Veramente io ce l'ho una fede. SCISCIO' Aah!
Sentiamo. MIMI' Di sinistra. SCISCIO' E come sarebbe? MIMI' Così… di
sinistra. COCO' Sì, state a fare chiacchiere, intanto nessuno mi dice niente,
e a settembre io vado in quel paese fetente a scuoiare animali selvaggi. Tu hai
mai visto le cartoline. Quelli vivono come pionieri, in un paese dove ci sta un
solo cinema, per andare a New York ci vogliono cinque ore di aereo, e quasi
sempre cadono, perché mò trovano un ciclone, mò una tromba marina, mò uno per
riscuotere l'assicurazione fa morire l'assicurato e i compagni di viaggio, mò
urtano contro una montagna… Così io me ne starò là, isolato, con questo zio che
per la lontananza è uno sradicato, sai come diventano, non sono né americani né
italiani, completamente rincretinito, e che vado a
fare?…
DISSOLVENZA
Notte. Giulia piuttosto elegante, riposata e
ben truccata cammina lentamente verso la Buca, come se non avesse fretta. Si
guarda intorno, come se cercasse tra la gente qualcuno. Davanti alla Buca c'è
un'animazione strana. L'aspetto del pubblico è così diverso che sembra di
vederlo per la prima volta. Un signore grigio e riccioluto del genere vecchio
impudico, grida verso un gruppo di donne: SIGNORE Anche lei bitter, signora
Mazzoni? (rivolto al cameriere) Allora sono quattro e per me whisky. Giulia
si guarda esitante intorno. Poi la vediamo fare dietrofront e ritornare sui suoi
passi.
DISSOLVENZA
Giulia che esce dal tabaccaio, si ferma sulla
soglia a scartare il pacchetto di Mercedes, quando il suo sguardo ha un sussulto
e si abbassa di colpo. Poi si solleva e riabbassa rapidamente. Ferme davanti
alla vetrinetta di fronte dove sono esposte cose da pesca subacquea, ci sono tre
persone: due donne ed un uomo. Sono persone molto eleganti e perfettamente
agghindate e sembrano indicare con molta competenza gli oggetti esposti. Giulia,
nell'angoscia evidente di evitarli, esita sul da farsi. E sentendosi guardata,
si fissa in una espressione finta, poi si avvia rapida. "Giulia" il suo nome le
arriva alle spalle come una freccia. I tre le stanno già intorno e la baciano
sulle guance come se fosse un oggetto. 1° SIGNORA No, senti… 2° SIGNORA
Incredibile… SIGNORE Noi siamo a Capri, sai. GIULIA Ah, bene… Davvero che
combinazione?… Siete in gita? 1° SIGNORA Senti, sai che prima di partire ho
telefonato a casa tua per sapere di quell'appartamento, e mi ha risposto Silvana
che non sapeva bene dov'eri. GIULIA Sì, effettivamente ho girato
parecchio. 2° SIGNORA Tu… figurati… lo sai che Maria poveraccia è in
clinica? GIULIA Come, in clinica? 2° SIGNORA La cura del sonno in pieno…
Non ce la faceva più… Guarda mi ha fatto un'impressione. SIGNORE Disgraziata,
lui è un mascalzone… ma lei una rompiscatole. 1° SIGNORA Fabrizio ammetterai
che esageri… Giulia sembra non ascoltare che a tratti la conversazione dei
suoi amici. Il suo occhio vaga inquieto in giro. La MACCHINA carrellando
indietro si allontanerà dal gruppo lasciandolo in mezzo alla stradina e seguirà
Livio e Paola che sono entrati in campo. Livio e Paola visti di spalle che si
allontanano. Davanti la Buca la zia di Paola è ferma in piedi. Vediamo arrivare
Livio e Paola. ZIA Livio, dillo anche tu a questa incosciente… C'è il
fratello a Napoli che deve fare gli esami di riparazione, avevo promesso al
padre che gli stavo un poco dietro… (vede passare una signora) Mariolina cara.
Vengo. Hanno già preparato i posti (a Paola) Bè, Paola veditela un po' con tuo
padre, almeno telefonagli… (si avvia). Vediamo entrare Giulia e avviarsi
verso il banco del bar. Si appoggia distrattamente e chiede un
pomodoro. GIULIA Con poco limone, Vincenzo. Che calma stasera. VINCENZO
Eh, mica tanto, signorina. GIULIA Sarà perché non ci sono quei matti che
parlano solo loro… Non si sono visti i ragazzi?… Sì, coso, Mimì e
compagni… Paola è comparsa dietro le sue spalle, mentre Livio poco più in là,
ma sempre visibile, parla con altri giovani. PAOLA Sono tutti da Scisciò.
Riunione di soli uomini. Cocò deve partire. Un sorriso è apparso sul viso di
Giulia. Sapere Mimì solo con gli amici, senza donne, la rassicura. GIULIA
Ahh, poveretti, una cosa mascolina… Chissà che effetto gli farà trovarsi una
volta tanto senza qualche stangona… Cosa bevi Paola? Ma Paola vede Livio
allontanarsi tra la folla col gruppo di ragazzi, sul suono di un "Livio"
strascicato, con un rapido sorriso a Giulia si allontana. Anche Giulia col viso
ridente si avvia alla porta. I tre incontrati poco prima sono lì seduti davanti
ai loro aperitivi. Giulia si avvicina al loro tavolo, attaccando decisa un
discorso come appena interrotto. GIULIA Fabrizio, non mi dirai che qui è meno
simpatico di Capri… SIGNORA Oh, lui figurati, è un fedele… Mangi con noi,
tesoro, noi partiamo tardi perché abbiamo il motoscafo. GIULIA Magari,
stasera sono piuttosto libera… Qui è una ridda… Ma tu non sai la rabbia, il
furore per quell'appartamento. Non so se Silvana ti ha detto tutto… Ti giuro che
era l'ideale… in pieno centro… No, però Anna la deve piantare di portare via le
case a tutti… FABRIZIO Allora non sei informata… Non contenta delle case più
belle di Milano, si è portato via uno dei mariti più belli di Milano. GIULIA
(divertita, quasi un po' eccitata) Il Franco Alziati… SIGNORA Lo sapevi
già? GIULIA Eh… un po' di naso ce l'ho… Già io non lo capivo… a volo… cosa ti
ho detto la sera della festa da Marina… Ma come l'ho capita subito… Brava, però,
ammetterai… da premio… Giulia ride contenta con i tre che le fanno eco,
mentre l'uomo ridendo fa cenno al cameriere che passi e dice forte: SIGNORE
Senta, ci tiene un tavolo per cenare, siamo quattro. CAMERIERE E' meglio che
si accomodano subito, perché più tardi è ancora in pieno… GIULIA Davvero,
sai… Io poi ho fame. Giulia si è alzata. Fabrizio la segue nell'alzarsi e
aiuta le due signore e tutti e quattro si avviano mentre Giulia continuando il
discorso dice: GIULIA Ma è una cosa proprio di separazione, o il solito
tristissimo amore nascosto? SIGNORA Ma chi ci capisce… Certo lo sa tutta
Milano.
DISSOLVENZA
MATTINA DOPO. Vediamo Mimì mentre si avvia
allo studio dell'avvocato Paparella. Camminando vede sulla porta dell'albergo
dove sta Giulia, il portiere. Questi lo saluta con esagerata familiarità; con
ammicchi e risatine confidenziali. MIMI' Ti ho trovato
peggiorato. PORTIERE Mimì… è uscita. MIMI' Si dice, signor Acampora, la
signorina Giulia Solimene è uscita. PORTIERE (ridendo) Io nemmeno lo sapevo
come si chiama. MIMI' Perciò non sei adatto al tuo mestiere. PORTIERE
(dandogli una botta confidenziale sulle spalle) E tu che mestiere sai
fa? MIMI' Guarda Totò, per te non c'è speranza. Comunque. Pure se fanno la
rivoluzione e quelli che stavano sopra vanno sotto e quelli che stavano sotto
vanno sopra, pei fessi non ci sta rivoluzione. Inoltre non sai stare al posto
tuo, e ti credi solo perché di tanto in tanto mi hai prestato certi soldi
schifosi che li facevo ritirare da un altro tanto che erano sudati e stretti nel
pugno avido di mance che tieni, ti credi di mancarmi di rispetto con inopportune
allusioni ai miei probabili mestieri. Non ti permettere più se no i soldi che ti
devo li vedi col cannocchiale. PORTIERE (che pare non abbia sentito se non le
ultime parole) Veramente quando me li date? MIMI' Quando devi chiedere soldi
passi al voi, eh? E hai una luce di cupidigia nello sguardo. Totò, non lo so,
non lo so, non m'importunare con queste sciocchezze, dì alla signorina che sono
passato a cercarla, e tanti saluti da parte mia.
Mimì si avvia e lo
vediamo di spalle mentre il portiere con un sorrisetto malizioso
dirà: PORTIERE Sarà fatto.
DISSOLVENZA
In P.P. Paparella nel
suo studio di fronte a Mimì. PAPARELLA Mimì, la situazione sta così: 'o fatto
di Ischia qua bisogna appararlo, perché con le cambiali scadute oggi si va a
finire in galera. MIMI' Ma scusate, avvocà, dimenticate l'articolo
327. PAPARELLA Ci sta il 341 che ti fotte, però. Senza contare che a
Positano, non dico tutto, ma centocinquantamila lire le devi sistemare. Sono
arrivati anche i due conti di Capri. Insomma, Mimì, qua ci vogliono
settecentomila lire, e io non ti chiamavo nemmeno se non ci fosse la
combinazione che ti dirò. Tu sei disponibile per un paio di giorni? MIMI'
Io sono sempre disponibile avvocà. PAPARELLA (gridando nell'altra stanza)
Carmelì, hai finito con questo telefono? Chiamami l'avvocato Gargiulo (rivolto a
Mimì) Vieni, Vieni di là che ti faccio vedè ste carte… La MACCHINA mentre
l'avvocato e Mimì stanno nell'altra stanza, inquadra lo studio, una specie di
bugigattolo tappezzato di fotografie, dove si vede l'avvocato in diverse
situazioni, con una cernia, con certi colleghi baffuti in barca, e poi si vedono
fotografie di ballerinette con dediche dannunziane, e il diploma di laurea
incorniciato sotto la fotografia di Vittorio Emanuele. Intanto, mentre la
MACCHINA inquadra tutto questo, si sente F.C. la conversazione telefonica di
Paparella. PAPARELLA (al telefono) Amedeo… sì, Acampora Mimì sta qua. No, lui
è disponibile in questi giorni. Sì, sì, sì. Ah, meglio farsi vedere? Aspetta un
momento, Amedè, aspetto un momento (rivolto a Mimì) Mimì tu puoi andà, puoi fa
una gita ai Galli? MIMI' Ai Galli? E che vado a fare ai Galli, a
pescare? PAPARELLA Ci puoi andare ai Galli? MIMI' Sì,
figuratevi. PAPARELLA Va bè, lui ci va, lui, si fa vedere lui… Schulzner… col
che, va né, mo lo scrivo… signorina? Ahhh! Lui è l'avvocato Schulzner, signorina
Eva? Eva Grunding, come l'apparecchio radiofonico, ah, Druning, con la d,
druning; va bè, quelli stanno là… Grazie, Amedè. Amedè, per quella cifra siamo
sicuri eh?… Ah, già è depositata? Bravo Amedè, sei sempre… ti voglio bene… ti
voglio… ti voglio bene… Statte bo', statti buo'.
Ora siamo entrati
nell'altra stanza e vediamo l'avvocato Paparella deporre il ricevitore e
rivolgendosi a Mimì, dice: PAPARELLA Allora Mimì, tu hai capito. Alla Villa
Mimosa, all'isola dei Galli, ti devi incontrare con l'avvocato Schulzner e la
signorina Eva Druning
DISSOLVENZA
Giulia esce dall'ufficio
postale, e incontra Pelos che l'abborda senza preamboli. PELOS Ma tu perché
hai fatto tanti misteri? GIULIA Quali misteri? PELOS Lo potevi dire che
eri venuta per Mim', no. GIULIA Per Mimì? PELOS Invece di trovare tante
scuse. Dovevo capirlo perché ci conoscevi. Ma che ti diceva di noi quel fetente,
a Milano? GIULIA (sorpresa e contrariata) Cosa, a Milano? PELOS Avanti,
avanti, tanto sappiamo tutto. Tutto. Ma veramente Mimì a Milano aveva tanto
successo? GIULIA Chi te lo ha detto? PELOS Eh, chi!… Ieri sera ci ha fatto
morire. Senti, se vengo a Milano ci sarebbe un letto per me a casa
tua? GIULIA Ma che ti ha detto? PELOS Perché fai quella faccia? Ancora
neghi. GIULIA Ma io non nego niente. Sono solo più discreta di voi. PELOS
Che c'entra. Siamo tutti amici, no? Dì, che ti diceva Mimì? E come fa, come fa
quando sta nella parte? GIULIA Fa il napoletano. PELOS Tu parli e non dici
mai niente. Tutti facciamo i napoletani. Dì la verità, tu alla parte ti eri
affezionata. Se no ora non venivi. GIULIA Ci vediamo più tardi, Pelos. Ora
devo fare qualche cosa, ciao. PELOS Ma che sei arrabbiata? GIULIA
No. PELOS Ah, mi pareva. Ma sei meno divertente del solito. GIULIA Non
sono mai divertente, ciao. PELOS Ciao. … e rimane un po' perplesso a
guardarla, come uno che pensa: forse avrò detto qualcosa che non dovevo
dire. Poi alza le spalle e subito tranquillizzato se ne va. Lo seguiamo e
sentiamo una voce che lo chiama da un negozio di abbigliamento. Con un
enorme brutto cappello messicano in testa e la bocca pastosa, a cuore,
riconosciamo la signora Amalia Scognamiglio. Pelos le si avvicina. SIGNORA
Pelos, prima di fare uno scandalo, statemi a sentire. Perché guardate, io sono
una signora, e sui soldi ci sputo sopra, il mio salotto è aperto a tutti. Però
quando si approfitta della buona fede, allora mi posso anche scocciare, quando
vedo che uno ti vuol far fare la figura di fessa… PELOS Signò, ma io ancora
non ho capito niente, calmatevi. SIGNORA Insomma, Pelos, ecco, ieri sera,
stavamo tutti insieme così, io sapete, nella mia borsetta… quel portasigarette
d'oro coi brillanti, che voi avete sempre visto, che tutti conoscono… PELOS
Io non lo conosco, signò. SIGNORA Voi forse no, ma Scisciò certamente sì…
Perduto!… per usare una parola pulita. IO non ci do valore al fatto del
brillante, ma se lui aveva bisogno di soldi me li poteva chiedere… PELOS E
che c'entra Scisciò, scusate. SIGNORA No, perché se uno ha bisogno di
cinquantamila lire… PELOS Scisciò non ha bisogno di nessuna cinquantamila
lire. E soprattutto da una come voi… E state attenta alle cose che state
dicendo. SIGNORA Io so perfettamente quello che dico, sono una
signora. PELOS Ma che signora. Una che fa queste insinuazioni non è una
signora. SIGNORA A una signora non si parla così. PELOS (ora freddo e
cattivo) Si vede da come siete vestita che non siete una signora. SIGNORA
(con un piagnucolio) Sono signora e posso insegnare l'educazione a tutti voi,
schifosi tutti quanti siete. PELOS … dagli anelli che tenete alle mani e da
quei pantaloni orribili che tenete… vi stanno malissimo… A questo punto
vediamo la signora piagnucolante andare via, dicendo tuttavia: SIGNORA Non
finirà così, non finirà così… Pelos rimane solo. Uno che ha assistito si
avvicina e domanda: SIGNORE Ma che voleva, Pelos? E Pelos, più parlando a
se stesso che rispondendo: PELOS Ma guarda un po' uno con chi deve avere a
che fare, sta strascinafaccende, cafona e brutta più della morte… E' inutile, da
quando è venuta sta gente 'sti posti so cambiati. Sputa per terra e si
allontana.
DISSOLVENZA Vediamo Giulia seduta di spalle ad un tavolo
della Buca. Il suo sguardo vaga lontano sul mare. Fuma una sigaretta e insegue i
suoi pensieri, che non sono allegri, pare. Mentre sta così alle sua spalle si
avvicina Mimì, e nell'attimo in cui lei sta per portare alla bocca il bicchiere
di aranciata, glielo toglie di mano, e beve qualche sorso. Poi lo deposita sul
tavolo e baciandola sopra una guancia le dice: MIMI' Buon jour. GIULIA (lo
guarda con fermezza) Ciao. MIMI' Sai che facciamo stamattina? Andiamo
all'Isola dei Galli. GIULIA Interessante. Chi? MIMI' (sempre sicuro di sé)
Poi ci portiamo la colazione, i fucili., l'olio per la nostra pelluccia, il
materassino, tutte le comodità. Mi sono pure fatto prestare il porta ghiaccio.
Però ti devi spicciare perché ci vuole più di un'ora. GIULIA Ma io non
vengo. MIMI' Come non vieni? Allora che sto parlando a fare? GIULIA Parli
per te, al singolare. Io faccio il bagnetto per conto mio al solito
posto. MIMI' Come? Un bel ragazzo ti fa una proposta così spinta, perché
andiamo io e te soli e tu ti rifiuti? Allora vuol dire che io non ho più nessun
potere sulle donne! GIULIA Non fare sempre il buffone. MIMI' Va bene,
allora te lo chiedo in ginocchio. (si mette in ginocchio) Giulia vuoi venire
ai Galli con me? GIULIA (ma già si sta leggermente addolcendo) No. MIMI'
Ho capito. In ginocchio non basta. Allora te lo chiedo in verticale, è più
difficile. (esegue sotto gli occhi di Giulia una verticale e a testa in giù
domanda) Giulietta… vuoi venire ai Galli con me? GIULIA (tace e guarda da
un'altra parte). MIMI' Guarda Giulia, io non scherzo. Mi va il sangue alla
testa. Mi può venire un colpo, rispondi. Giulia, sospirando, tra convinta e
no, ma con un proposito, si alza di scatto e dice: GIULIA Va bene, aspettami,
vado a prendere il costume. Giulia se ne va, e Mimì ancora frastornato dal
sangue che gli è affluito alla testa per la verticale, la guarda
distrattamente.
DISSOLVENZA … si vede Mimì che con la cordicella avvia
a strappi il motore, e la barca che fa un balzo e si mette in moto. La giornata
è calma e molto bella. Rivediamo la barca in alto mare. La costa si è
rimpicciolita. Si vede Positano a distanza. Mimì sta mettendo ordine nella
barca. I vestiti sotto la prua, la corda dell'ancora bene avvolta, le cibarie al
secco, il portaghiaccio all'ombra, e una vela di fortuna arrotolata sotto i
sedili. Giulia, a poppa, sta sdraiata e lo guarda con una certa curiosità,
come se fosse al Giardino Zoologico davanti alla gabbia di uno strano animale.
Ad un certo momento Mimì sente lo sguardo di lei, si volta e dice: MIMI' Che
vuoi? GIULIA Niente. Non ho aperto bocca. MIMI' E perciò dico, che vuoi?
Se devi dì qualcosa dilla, invece di sta con quella faccia. GIULIA Mi
domandavo perché sono venuta. MIMI' C'è bisogno? GIULIA Sì, c'è bisogno,
perché non ne avevo nessuna voglia. MIMI' E allora chi te lo ha fatto
fare? GIULIA Non certo perché me lo hai chiesto in ginocchio e in
verticale. MIMI' Forse non t'è bastato, volevi qualche esercizio più
difficile, senza la rete di sotto. GIULIA (dopo una pausa) Tu lo sai cos'è
una donna spregiudicata? Credi che sia una donna che va a letto con tutti,
scommetto. No: quella è una puttana. Una donna spregiudicata è una che ci va,
non ci va, si dimentica che c'è stata, s'innamora oppure no, oppure sopporta
anche di non essere amata, insomma è una un po' come me, in fondo, con molti
interessi nella vita… l'amicizia per esempio… solo che questo tipo di interesse
ha bisogno di un po' di discrezione, ecco. Se nasci meschino, non te ne accorgi…
Ma se ti rendono meschino gli altri, è seccante. MIMI' Giulia, io non ti
capisco. GIULIA Allora vuoi che ti rifaccia il discorso che hai fatto ieri
sera ai tuoi amici, correggimi se sbaglio: che guaio, quella è venuta per me, da
Milano, innamoratissima, la mia pace è finita, per una volta che ci sono stato
insieme, eccetera, eccetera. Sbaglio? MIMI' (sorpreso dalla giustezza
dell'osservazione) Ah, te l'hanno detto? GIULIA No, l'ho immaginato. Ma è
esatto, no? Mimì è piuttosto umiliato e confuso. Mette a posto qualche altra
cosa nella barca, poi si volta e in tono sincero, guardando Giulia negli occhi,
dice: MIMI' Io l'ho fatto solo perché io le cose che mi succedono, se non le
dico, mi pare che non sono successe. Io non sono come te: a me mi sarebbe stato
impossibile starmene zitto a Positano con un segreto. No, no, piuttosto crepavo.
Hai capito! E poi dopo tutto, se uno si vanta un poco che male c'è?! A Giulia
le parole di Mimì, la loro sincerità, hanno avuto il potere di farla
sorridere. GIULIA Va bene, piantiamola lì, se non finisce che ho torto io e
hai ragione tu. Qua tutto è capovolto, la logica non conta proprio… Direi che è
un difetto.
La barca intanto arriva alle isole dei Galli, che sono tre
scogli con pochissimi alberi. Sul più grande di questi tre scogli, c'è
seminascosta dai pochi alberi, una villa. La barca entra nel tratto di mare tra
gli scogli e i due visti dall'alto approdano. Mimì sistema la barca, poi si
tuffa nell'acqua trasparente. Anche Giulia si tuffa. Ad un certo punto, Mimì si
batte una mano sulla fronte. MIMI' (che è ancora nell'acqua, a Giulia che gli
nuota vicino) Che cretino, me ne ero proprio scordato. Aspettami qua, sistemati
su uno scoglio. Io debbo andare a fare una piccola commissione in quella villa.
Torno subito. E battendo un crawl veloce arriva a terra, sale, s'inerpica
tutto bagnato per una viottola, e lo seguiamo, sempre grondante, fino al
cancello della Villa. Un cane abbaia, Mimì suona. In fondo al vialetto di
ghiaia, che parte dal cancello e arriva fino all'ingresso della villetta, nel
vano della porta, appare un signore, alto, evidentemente teutonico, con capelli
arruffati da musicista, e una faccia chiusa come un pugno. Mentre il signore
avanza verso il cancello, sbuca come da un vialetto laterale ed entra in campo
una ragazza vestita di bianco, alta, bruttina, slavatella, con pantaloncini
corti, e una racchetta da tennis in mano. E mentre il signore, insieme con la
ragazza, muovono verso il cancello…
DISSOLVENZA … su Giulia che sta
salendo sullo scoglio dopo il bagno. La seguiamo nei suoi movimenti. Si asciuga
con un accappatoio. Poi prende un pettine e si accomoda i capelli. Si sdraia al
sole sistemandosi sull'asciugamano. Lo schioppettio di una barca a motore la fa
alzare. Vede un gozzo di pescatori che passa. Le viene voglia di una sigaretta.
L'accende e dà una boccata. Intanto il suo sguardo percorre il profilo
dell'isolotto. Vede i pochi alberi, il tetto della villa, quasi inavvertitamente
si avvia come per esplorare.
DISSOLVENZA … La vediamo più in alto,
inerpicatasi sulla viottola, tra gli alberi, che si guarda in giro. Il tetto
della villa è più vicino. La MACCHINA lo inquadra, si avvicina, e dall'alto, in
un giardinetto della villa, vediamo seduto ad un tavolo, Mimì, col signore
tedesco e la ragazza. I tre si alzano e li vediamo stringersi la mano
accomiatandosi. Ora inquadriamo Mimì che esce dal cancello, si volta e saluta di
nuovo il signore tedesco e la ragazza che da lontano gli fanno un cenno
riservato, Mimì si avvia sul viottolo, lontano vede Giulia che si aggira sullo
sperone di una roccia. Giulia lo vede è felice. GIULIA Ma quanto è bello,
qui… bellissimo! MIMI' Bello, e, ti piacerebbe di viverci? GIULIA Magari,
non sola. MIMI' Tu comprati l'isola e io faccio il secondo.
Le dà la
mano e la trascina un po' di corsa verso il mare.
DISSOLVENZA Sui due
che ora sono arrivati sullo scoglio, vicino alla barca. GIULIA Mimì, mi hai
scambiata per una sportiva? MIMI' Niente. Sono contento. GIULIA (lo guarda
in modo indefinibile, come accorgendosi suo malgrado di qualche cosa dentro di
lei) Anch'io. MIMI' In questa villa ci abita un famoso ballerino. Miassin, ne
hai sentito parlare? GIULIA Io sì… e tu che ci sei andato a fare, lo
conosci? MIMI' No, io sono andato per un'altra faccenda. Ora ci stanno certi
svizzeri GIULIA Chi sono? MIMI' Ma a dir la verità non lo so bene, siamo,
saremo, quasi parenti (e ride). GIULIA Insomma, ho capito, i soliti imbrogli
vostri. Mangiamo. MIMI' Non qua. Ti porto in un'altra isola. Questa è l'isola
del bagno (indicando con la mano gli altri due scogli) Quella là, la vedi, è la
camera da pranzo. E quella là, la vedi quella, quella è la camera da
letto. GIULIA Che stupido. Ora vediamo i due salire sulla barca a motore,
la barca che si stacca dallo scoglio e si avvia nell'azzurro, impicciolisce,
scompare dietro uno scoglio, riappare bianca, poi scompare
definitivamente.
DISSOLVENZA In una tortuosa, assolata stradina,
vediamo Giovannella con i pantaloni strettissimi a gamba, e una maglietta che le
scende più giù delle anche, mollemente, che cammina strascinando i suoi
sandaletti, finchè si ferma sotto un balconcino: chiama GIOVANNELLA Pelos,
Pelos… Nessuno risponde. Da una porta a livello della strada, esce una
megera. Guarda Giovannella con diffidenza, poi le domanda: MEGERA E' cosa
importante? GIOVANNELLA Perché, dorme ancora? MEGERA Ha detto che se lo
sveglio non mi paga il mese. GIOVANNELLA Ditegli che sono io. Altro
sguardo diffidente. Poi si vede che l'avvenenza di Giovannella persuade la
megera. MEGERA Allora aspettatemi qua. Gli porto il caffè. Mamma mia, chissà
come si arrabbia. GIOVANNELLA Andate e ditegli di fare presto. La MACCHINA
adesso inquadra la stradina assolata. Il viso di Giovannella. Il cielo terso e,
con una panoramica lenta, il balconcino da dove esce la megera, e rivolta a
Giovannella, le dice: MEGERA Si sta pigliando il caffè. GIOVANNELLA
(mormora tra sé impaziente) Che risveglio difficile. Ed ecco che appare come
in un sogno al balconcino, Pelos. Le gambotte tozze e grasse escono
dall'asciugamano che ha avvolto intorno alla vita. Il torace sembra ancora più
ampio e tozzo, ma soprattutto gli occhi sono due palle grinzose, nascoste dietro
palpebre da rospo. Il sole lo ferisce. Fa uno sbadiglio. Poi dice, rivolto
all'aria: PELOS Dove stai? GIOVANNELLA Posso salire? PELOS Ma che vuoi
a quest'ora? GIOVANNELLA Scendi presto. PELOS Si potrebbe sapere che
vuoi? GIOVANNELLA Scendi e te lo dico. PELOS Non sono
curioso. GIOVANNELLA Per favore, Pelos, ti prego, fa presto. Impressionato
dal tono di Giovannella, che pare molto tragica, Pelos mormora: PELOS Va
bene, mi metto i calzoni e scendo. Dopo un po', coi capelli ancora arruffati,
con i soli pantaloni, a torace nudo, e con una sciarpa attorno al collo, a piedi
nudi, Pelos raggiunge Giovannella e con l'occhio morto, dice: PELOS Che
vuoi? GIOVANNELLA Niente. Mi devi fare una telefonata. PELOS E tu per
questo mi vieni a svegliare. Ciao. (fa per andarsene, voltando le
spalle) GIOVANNELLA (che finora ha resistito) Pelos… (scoppia a
piangere). PELOS (la guarda stupito) Giovannè, ma che è successo? E con un
gesto insieme spiritoso e tenero, le gratta la testa come una
gatta. GIOVANNELLA Finiscila di fare il cretino, vieni. PELOS Ma che vuoi
da me? GIOVANNELLA Devi telefonare a Napoli, subito a quel
mascalzone. PELOS A Sasà, mai. GIOVANNELLA Pelos, guarda che io
parlo… PELOS Tu è inutile che me lo ricordi, anche se è andata così, in fondo
mi considero suo rivale. E poi gli debbo fare pure i servizi. GIOVANNELLA Lo
fai a me il servizio. PELOS Bella differenza. Ora mi hai persuaso. Che
c'entra? GIOVANNELLA Gli devi dire che è un porco. PELOS Questo mi verrà
naturale. Si mette sempre le dita nel naso. GIOVANNELLA Un bugiardo.
Figurati, mi ha detto che andava a Londra, invece non è vero. Ma chi lo vuole?
Chi gli aveva chiesto niente? Stesse con quella smandrappata della moglie. Chi
lo tocca? PELOS E io gli dovrei dire tutte queste cose? GIOVANNELLA
Sì. PELOS Io vorrei riuscire a capire che ci vedete in quel
Sasà. GIOVANNELLA Che ci vedete, chi? PELOS Voi donne. GIOVANNELLA
Quale donna? PELOS Madonna mia, non si può nemmeno parlare! Dicevo donne per
dire tu. GIOVANNELLA Non lo so nemmeno io, tu mi sei simpatico, ma lui… mi fa
fare delle sciocchezze. PELOS Come quella di venire quella sera con
me. GIOVANNELLA Pelos, io a te ti voglio bene… come un orsacchiotto, ma lui
quello schifoso…! PELOS Va bene, va bene, orsacchiotto… tu però insisti
troppo. Guarda, se vengo a sapere che tu hai parlato a qualcuno di quella sera…
e tu lo sai che fu solo per l'emozione… Mentre parla Giovannella gli dà un
bacio sulla guancia e poi si allontana di spalle mentre Giovannella
dice: GIOVANNELLA Non aver paura, non
parlo.
DISSOLVENZA
Davanti all'ufficio telegrafico dove c'è anche
il telefono pubblico per le interurbane. PELOS E' una questione di principio.
La telefonata la paghi tu. Entrano, Giovannella va a comprare il gettone.
Vediamo Pelos entrare in cabina. Torna Giovannella. Pelos inserisce il
gettone. PELOS Signorina mi dia per favore (si ferma, domanda con lo sguardo
a Giovannella) GIOVANNELLA 641-413 PELOS 641-413 GIOVANNELLA
(suggerendo) urgentissima. PELOS (sfottente) Urgentissima, qua abbiamo
urgenza signorina, affari importanti… Niente, niente. GIOVANNELLA Non fare lo
spiritoso. PELOS (mentre aspetta) Allora che dico? GIOVANNELLA Appena
viene lui me lo passi. PELOS (già sorride a un interlocutore che ha
riconosciuto dalla voce. Un sorriso deferente) Commendatore… Sono Pelos… Pelos
Cuomo… C'è Sasà? Dopo una pausa la faccia di Pelos si abbuia, si fa feroce,
poi sbotta: PELOS Ruffiano sarai tu e tutta la tua razza. E appende il
ricevitore. Poi si volta a Giovannella che ha ascoltato mordendo con i denti il
labbro inferiore, e con aria desolata, dice: PELOS Giovannella, ma che
telefonate mi fai fare? Tu lo devi lasciare in pace a quello, è sposato, hai
capito? Dovevi sentire la voce del suocero al telefono. Fai fare certe
figure. GIOVANNELLA (con la stessa faccia) Non lo mollo. Io non lo mollo.
Anche a costo di fare uno scandalo. PELOS Ma lo scandalo già l'hai fatto. Che
altro vorresti fare? Tu la devi finire, hai capito? Li riprendiamo sulla
piazza davanti al caffè. Seduti, intenti ad armeggiare vicini ad un
autorespiratore vi sono Frichì ed altri. Pelos e Giovannella si siedono. Ad
un tratto il gruppo dei ragazzi si blocca e si distrae guardando da una parte. E
da lontano vediamo man mano avvicinarsi, vestita con pantaloni strettissimi,
bianchi, la diciassettenne. Man mano che si avvicina sentiamo i
commenti. FRICHI' Però guarda come sta vestita bellella, stamattina. PELOS
E' bellella assai. Ciao. La diciassettenne fa uno splendido sorriso e saluta
con la mano i ragazzi. In quel momento arriva Peter in mezzo alla piazza con
la sua Jaguar. E' raggiunto da tre ragazzini, ognuno carico di valige. Le valige
sono caricate sulla macchina. I ragazzi da lontano gridano con attenzione e
sospetto. PELOS Ciao Peter e dove vai? PETER A Montecarlo. FRICHI'
Ah…! Poi si sente il ruggito del motore, e la Jaguar sfreccia davanti ai
ragazzi. Solo quando è già passata, i ragazzi realizzano che a bordo c'era la
dicicassettenne. PELOS Tu hai visto? FRICHI' A Montecarlo ci va, ma con
quella. PELOS Mica è fesso… FRICHI' Ci ha levato la polpetta da dentro al
piatto. PELOS Ma quale polpetta? Quale piatto. Quella non ti ha mai visto.
Mai. Ti ha sempre schifato.
DISSOLVENZA
Al tramonto, vediamo dalla
spiaggia la barca con Mimì e Giulia che approda. Giulia, una cosa che verrà
subito osservata, non è più la donna che per scendere dalla barca si fa dare la
mano. Con un salto è a terra. C'è un che di leggermente esagerato in tutti i
suoi gesti. Mimì le passa la roba che è nella barca, finchè Giulia è tutta
carica. Poi, sempre calmo come al solito, scende, dopo essersi assicurato che la
barca è sistemata secondo tutte le regole. Scende tenendo in mano un
saragotto di mezzo chilo. Poi prende Giulia sotto braccio e si avvia con lei
verso la Buca. Mentre camminano, le dice, agitando il sarago: MIMI' Questo
qua stasera ce lo mangiamo io e te (li vediamo ora di spalle. Giulia avrà
appoggiato la testa sulla spalla di Mimì). DISSOLVENZA Mattina. Siamo
nell'ufficio del Commissario. La solita stanza squallida dei Commissariati. Una
scrivanietta, e dietro un grasso e apoplettico Commissario che per tutto il
tempo, ingoffato dalla divisa, si terge con un fazzoletto il sudore che cola
abbondante dalla sua fronte. E' caldo, il berretto è sulla scrivania, nei
momenti di tensione, il berretto finisce tra le mani del Commissario e viene
sgualcito. Poi, Scisciò lo afferra e lo sbatterà sul tavolo più volte. Il
Commissario lo prende, eccetera. COMMISSARIO (pacato, ma imbarazzato) Io qui
davanti ci ho una denuncia. La signora Amalia Scognamiglio ha denunciato la
sparizione di un portasigarette d'oro, vero… Di un certo valore. Ventisette
agosto 1961. Cocò… Voi stavate a casa della signora Scognamiglio, la sera del
ventisette agosto? SCISCIO' Ci stavo io insieme con altre dieci
persone. COMMISSARIO E infatti qua ci sta la denuncia. Ora la signora
Scognamiglio ha pregato, è vero, di fare un interrogatorio per sapere caso mai,
se uno per isbaglio, è vero, l'ha preso e se l'è messo in tasca senza
avvertenza, ecco, non è che uno proprio deve… Deve dire… voi, uno perché ha
bevuto si mette in tasca per isbaglio un oggetto… E' vero? SCISCIO'
(interrompendolo con freddezza) E voi perché avete chiamato me, scusate,
commissario? COMMISSARIO Voi siete il signor Scisciò Melloni? SCISCIO'
Sì. COMMISSARIO E voi eravate quella sera a casa della signora
Scognamiglio? SCISCIO' Eh. L'ho detto. Certo. Ci stavo pure io e altre dieci
persone. COMMISSARIO (alterandosi un po') Allora io sto parlando turco? Ho
detto che voglio interrogare le persone che stavano là, per sapere se
inavvertitamente, sottolineo la parola inavvertitamente… SCISCIO' (per nulla
impressionato dal tono intimidatorio del Commissario) Commissà, parliamoci
chiaro. Dove stanno le altre nove persone? COMMISSARIO (infuriato) Staranno a
casa loro. Non lo so. Voi state qua e io interrogo a voi. SCISCIO' E perché
ci sto io solo qua? Debbono venire pure gli altri. COMMISSARIO Ma io devo
incominciare ad interrogare queste persone. SCISCIO' (urlando) E perché
proprio con me dovete cominciare? COMMISSARIO (urlando più forte) Perché
voglio cominciare da voi. SCISCIO' (fuori di sé) Il perché me lo dovete
spiegare. COMMISSARIO Perché io sono il Commissario e faccio quello che mi
pare. SCISCIO' Commissario, io sono una persona per bene e voglio avere
spiegazioni, perché non si può chiamare la gente così. Questa battuta è il
diapason, segue una breve pausa, poi il Commissario: COMMISSARIO Calma,
calma, calma… (con un tono di voce bassa, quasi paterno) Signor Melloni, io…
scusate se qua… veramente avvengono delle scene spiacevoli.. Io vi conosco… voi
siete una persona per bene, è vero… Non dovete pigliarvela con me. Io qua sono
uno che deve far il suo dovere. Quindi con santa pace, ricominciamo. Voi mi
dite… SCISCIO' (staccando bene ogni singola parola, deciso) Voi, Commissario
dovete spiegarmi perché m'avete chiamato a me solo, stamattina, mentre stavo -
andando - a- fare - il - bagno! COMMISSARIO (sempre paterno e a bassa voce).
Allora voi volete proprio inguaiare le cose? E allora mo chiamo l'ispettore di
zona, voi andate a Napoli e ve la vedete con lui. (irritandosi) Io che cosa devo
fare? Voi mi dichiarate che non ne sapete niente… e a me mi basta
questo. SCISCIO' (staccando le parole) Io non dichiaro niente. Io mi dichiaro
soltanto offeso dal fatto che su dieci persone che si trovavano in casa di
quella cafona, puttana - voi - avete chiamato - soltanto me! Perché - avete
pensato a me? Questo mi dovete spiegare. COMMISSARIO E voi che ne sapete se
non ho interrogato prima gli altri? SCISCIO' Stanno tutti a mare a farsi il
bagno quelli che stavano là. COMMISSARIO Allora, se lo volete sapere, la
signora Scognamiglio è venuta e ha detto: il signor Scisciò Melloni sa che fine
ha fatto il portasigarette. Voi che cavolo volete da me? Non vi dovevo chiamare?
Qua fa caldo, signor Scisciò. Voi dichiarate qui sopra, sopra questo pezzo di
carta, mettete la vostra firma, che voi del portasigarette non ne sapete niente,
chiudiamo 'o fatto, in santa pace e non ne parliamo più!. SCISCIO' Ma a me
Commissà, questo non mi basta. Nella pausa entra uno scugnizzo un po'
deficiente, per portare un'ambasciata da parte della signora Scognamiglio al
Commissario. SCUGNIZZO Signor Commissario, quella, la signora Scognamiglio vi
manda a dire che il portasigarette l'ha trovato sotto il commò e che è inutile
che mandate a chiamare a quello là. COMMISSARIO Ah!… Avete visto?… Ecco
(sollevato e sbrigativo) Vedete le cose come si accomodano? Andatevi a fare 'o
bagno, va… Scisciò non ha sentito neppure il Commissario. Si avvicina allo
scugnizzo, lo prende per il petto, come se fosse il principale responsabile dei
suoi guai, e con lo sguardo da pazzo che già gli conosciamo, alterato nel viso
gli dice: SCISCIO' Che hai detto? SCUGNIZZO Quella, la signora
Scognamiglio… Scisciò non lo fa finire e gli dà un terribile scappellotto. E
mentre lo scugnizzo piange senza capire perché viene battuto, Scisciò
continua: SCISCIO' Che hai detto! Come "quello là"? "quello là" sarei io!
Quella signora ha detto che "quello là"… (furioso contro il mondo) Ma il signore
sono io! Io sono un signore, hai capito? Il Commissario assiste perplesso
alla crisi di Scisciò e il ragazzino spaventato guarda. SCISCIO' Io sono un
signore, io (percuotendosi il petto) io, io, io… COMMISSARIO (un po'
spaventato) Calmatevi, signor Scisciò, è cosa da niente (paterno). Calmatevi.
Volete un bicchier d'acqua? SCISCIO' Io sono un signore! Questi quattro
cafoni! Io vado via, io lo giuro su mia madre che a Positano non metterò più
piede. Questi quattro cafoni che non sanno vivere a Scisciò Melloni non lo
vedranno più. Visto da fuori, il Commissario. La stradina è deserta,
assolata. Sotto il portoncino ci stanno due guardie, di piantone. Si guardano in
faccia sentendo gli urli di là, e uno dei due, con un cenno della mano e una
smorfia domanda: 1° GUARDIA Ma che sta succedendo la dentro? L'altro,
senza parlare, con la stessa mimica, risponde stringendosi nelle spalle. 2°
GUARDIA Bah, e chi lo sa! Tutta questa scena avviene mentre arrivano fin
sulla stradina silenziosa le urla di Scisciò. VOCE DI SCISCIO' F.C. Questi
quattro cafoni, pezzenti schifosi, volgari… Dopo quattro secondi vediamo
uscire, davanti ai due piantoni che lo guardano, Scisciò sconvolto, e lo vediamo
allontanarsi di spalle lungo la stradina.
DISSOLVENZA E' presto per
Positano, le nove. E sembra anche più presto perché è una giornata piovigginosa,
con una luce grigia, il mare un po' agitato e la spiaggia completamente deserta.
Nessuna barca a mare, e le strade bagnate, nere di pioggia. Il vaporetto è in
attesa all'imbarco. Poca gente si avvia di corsa. Vediamo Scisciò, serio, ma
composto, raccolto come in se stesso. Ha in mano una valigia non molto grande.
Ogni tanto si volta e vede a diversi metri di distanza, il cane che lo segue.
Viene fermato da una anziana signora rinseccolita che gli si rivolge
così: SIGNORA Ah, Scisciò, avete scelto una bella giornata per andare a
Napoli. Me lo fate un piacere? Quando tornate, mi portate una scatola di
Sympathol? Qua non tengono mai niente alla farmacia. SCISCIO' Volentieri
signora Russo, ma io non torno. SIGNORA E come sarebbe? SCISCIO'
Quest'anno ho deciso di andarmene più presto. SIGNORA Peccato mi dispiace, e
come mai, Scisciò come mai? SCISCIO' Eh vado a Cremona. SIGNORA A
Cremona? SCISCIO' Là ci sta mia sorella, tiene una fabbrica di cappelli, e
allora, insomma, mi vuole… SIGNORA Ah, bravo, bravo, così andate ad aiutare a
vostra sorella, che bravo ragazzo, poi ad un certo punto uno si decide, non si
può star sempre a fare i ragazzi uno pensa all'avvenire, non è vero? SCISCIO'
Eh, già, proprio così. Allora arrivederci, signora Russo. Scisciò prosegue
verso il vaporetto, e passando incrocia Assuntina. La saluta. Intanto il cane
s'è fatto più vicino. Allora Scisciò si volta e dice: SCISCIO' Tu stai ancora
qua? Ma ti ho spiegato tutto, non lo vuoi ancora capire. Lo carezza sulla
testa e il cane lo guarda. SCISCIO' Non mi guardare così, sennò sai
com'è… E' commosso e distoglie gli occhi da quelli del cane, altrimenti
piangerebbe. Poi ci ripensa e chiama: SCISCIO' Assuntina, per favore una
parola. ASSUNTINA (avvicinandosi) Ch'è? SCISCIO' Sapete che i denti
bianchi vi donano, sembrate un'altra. ASSUNTINA Non me ne parlate. Sapeste
che c'è voluto per averli. C'è voluto più fatica e dolore a mettermeli che a
tirarli. Comunque stanno qua, tutt'e trentadue. SCISCIO' Sembra che ne avete
sessantaquattro, Assuntì. Vi debbo chiedere un piacere. Lo vedete a sto cane.
"Il commendatore", lo conoscete? Beh, quello s'è messo in testa che io parto e
non torno più. E così sta un po' abbacchiato. Perché non ve lo portate nella
masseria di don Ciccillo, quello tiene una cagna della stessa razza, così si
distrae. ASSUNTINA Eh già, e quello poi viene con me. SCISCIO' Glielo dico
io (rivolto al cane) "Commendatò" vai con Assuntina, e diciamoci addio da
uomini. Lo abbraccio e lo bacia sulle due guance. Assuntina e il cane si
allontanano. Adesso vediamo Scisciò arrivare al vaporetto: salire sulla
passerella, mentre il vaporetto stacca gli ormeggi, poi di nuovo sugli occhi di
Scisciò che vede tristemente Positano allontanarsi e sparire dietro il ciglio di
un promontorio.
DISSOLVENZA E' sera. La Buca è insolitamente decorata
di festoni come se ci fosse una festa. Appesi piccoli cartelli con fotografia di
un complesso jazz. In un angolo vediamo un piccolo complessino che suona stanco.
Sembra che tutto sia già finito e comunque c'è assai meno gente del solito, e
quella poca sembra più selezionata. Pelos e Frichì sono lì con un paio di
signore e, punto di maggiore attrazione, una ragazza piuttosto carina, elegante
nel suo eccesso di moda, molto sicura apparentemente, ma con un fondo di
differenza nei riguardi dei nostri. Pelos le tiene un braccio intorno alle
spalle. C'è anche Paola più paciocconamente bella del solito, coi capelli
pettinati in maniera speciale. Pelos parla alla ragazza, Renata, guardando gli
altri in maniera allusiva. PELOS Perché non ci canti qualche cosa? RENATA
Uffa, ti ho già detto di no. PELOS Pare che a Capri cantavi tutte le sere…
perché a noi ci tratti così. RENATA C'è molto umido, mi rovino la
voce. Arriva in quel momento Cocò, con un'aria piuttosto sollevata. PELOS
Addì Cocò! COCO' (immediatamente assume un'aria di mestizia, un'aria di
circostanza) Ciao… FRICHI' Che è? COCO' Perché? FRICHI' Uno ti saluta e
tu dici (imitando il tono mesto) Ciao. COCO' Allora non sapete
niente? PELOS Che è successo? COCO' (con aria avvilita-ipocrita) E' morto
mio zio. PELOS Quale zio? COCO' Zio Alfonsino. PELOS E FRICHI' (si
guardano, poi sbottano in una irrefrenabile risata, mentre indicano coll'indice
puntato la faccia di Cocò. Più Cocò li guarda senza capire più loro ridono,
finchè ad un certo punto anche Cocò si unisce all arisata. Intanto è apparsa
Giulia. Ha l'aria euforica, è piuttosto elegante. Una strana sicurezza di
piglio. Appena la risata è finita Cocò si fa il segno della croce). COCO' Zì
Alfonsì, perdonami, sono stati questi due fetenti, sono i riflessi condizionati.
A me che tu sei morto mi dispiace. FRICHI' E ti dispiace pure di non andare
in America? COCO' Lo vedete come siete? Sempre calcolatori. E poi mi avete
fatto ridere mentre non volevo. PELOS Cocò tu sei più superstizioso di
Assuntina. Poi a questo zio Alfonso tu nemmeno lo conoscevi, è vero? COCO'
Arrivavano ogni tanto certe fotografie con lui sotto un bufalo o un cervo, con
certe corna… PELOS E a te (a Giulia che intanto si è avvicinata) che ti
succede? Stai sola? GIULIA Sono stata sempre sola… PELOS Ah, ah,
ah… GIULIA Cos'è questo verso? Hai eliminato anche la parola? FRICHI' E
Mimì? GIULIA Mimì? Mimì è partito. FRICHI'-COCO' E dove è
andato? GIULIA A Napoli. Ma fra due giorni torna (cogliendo lo sguardo di
Pelos). Che ne so, poi in fondo. PELOS (che non rinuncia alla battuta) Hai
capito, ora ci dobbiamo rivolgere a lei per sapere Mimì che fa. GIULIA
Insomma, questa sera sono libera, approfittatene. PELOS Giulia, ti presento
la signorina Renata, che è di Milano come te. RENATA Piacere,
Monterosso… GIULIA Ah, certo… parente di Jimmy… RENATA Mio
fratello. PELOS Giulia, già che siete tanto amiche, diglielo tu, nella lingua
vostra, che ci canti qualche cosa. RENATA (interrompendolo con risentimento)
Ma sì, dai, canto, cosa me ne importa poi, tanto mi diverto sempre… Sarà un
macello con l'accompagnamento perché io sviso da matti… Renata è già in
trattativa col pianista, mentre Pelos sussurra nel collo di Giulia: PELOS A
me lo puoi dire, no! FRICHI' (che si è avvicinato rapido) Pure a me, pure a
me. PELOS Parliamo di cose intime, di Acampora. FRICHI' Ma come ti fa
bene, Giù! GIULIA Ma la smettete… Siete di una invadenza addirittura
surreale. Renata sta picchiando sul microfono, facendo cenni di scontento.
Poi si rivolge al pianista: RENATA Bueno, andiamo maestro. … e attacca una
canzone con esagerata sofferenza. Pelos, sempre nel collo di Giulia, ma
abbastanza forte: PELOS Com'è l'Acampora? FRICHI' Nota bene che noi non
facciamo nomi, solo cognomi. GIULIA Zitti che canta la Monterosso.
Uhhh… PELOS Hai visto come fa uhh! Tale e quale a Mimì! FRICHI' Prima "uh"
non lo facevi, parlavi solo milanese… GIULIA Che ci volete fare, mi sono
involgarita. (rivolta a Renata che canta) Brava. Renata ha finito di cantare
e scende verso il tavolo molto ingrugnata. I ragazzi le fanno dei complimenti
non come li vorrebbe lei, evidentemente, tipo "quest'inverno a S. Remo", lei
raccoglie uno splendido portasigarette e dice soltanto, guardando Giulia e
Paola: RENATA Bè, allora se volete venire, io vado al party dei Pescia… Se
non vi va, amen… Di questo posto ne ho abbastanza. (rivolta al barista) Senta,
vorrei pagare. PELOS Ma vattene, cammina… Vicenzì… E fa il segno di
scrivere, mentre tutto il gruppo disordinatamente esce lasciando costernato il
povero Vincenzino, il barista. Sulla porta Paola li saluta, dicendo: PAOLA
Torna Livio domani mattina, magari presto, perciò non posso far tardi… Poi con
voi… La comitiva si avvia. Renata silenziosa davanti con Cocò e Pelos. Dietro
Giulia con Frichì che dopo pochi passi le mette un braccio intorno alle
spalle. Li vediamo avviarsi per una stradina in salita e naturalmente buia.
Si sente la voce di Renata che dice: RENATA Per quanto la situazione sia
molto migliorata non è un genere che può arrivare in profondità, in Italia… A me
poi basta cantare per me, quando ne ho voglia… E' un tale godimento… Stiamo
su Giulia e Frichì. FRICHI' (tastando Giulia) Sei buonina, però… GIULIA
Come, però… FRICHI' Mimì non sgarra mai. GIULIA Se non dà lui il segnale,
voi non vedete e non sentite eh. FRICHI' Non dire fesserie, Giulia… Frichì
si ferma e cerca di attirare Giulia. Giulia lo fredda più che con una lieve
spinta, con uno sguardo ironico e perentorio. GIULIA Ma va a dormire,
stupidello… Del resto ci vado anch'io. … e facendogli una carezzina materna
sulla guancia, lo lascia in mezzo alla strada e scappa via ridendo dalla parte
opposta.
DISSOLVENZA
E' mezzogiorno. Sentiremo il caratteristico
suono della campana della chiesa di Positano. Seguiamo Giulia che cammina per
una stradina. La vediamo a distanza. Poi la vediamo fermarsi a fare due
chiacchiere con uno, sorridendo alla proprietaria di un negozio, rispondere al
saluto di una donna del luogo. Pare spensierata e felice. Mette dentro la
testa dal pantalonaio. GIULIA Salvatore, quei pantaloni? Perché poi finirà
che un giorno o l'altro partirò davvero senza pantaloni. SALVATORE Eh,
signorì, voi dite sempre che partite… Fortunatamente avete rimandato tante
volte, ma domani sono pronti. GIULIA Ciao, Salvatò… Domani, eh! Ora passa
davanti al negozio di un barbiere, e vede seduto, di profilo, uno con la faccia
insaponata del tutto. Ma ha visto bene? Ritorna sui suoi passi e dà una
sbirciata al negozio. Sicuro, non si sbaglia, è Mimì. GIULIA Mimì! Solo
ora Mimì si volta e la vede. Felice la saluta con l'aria più naturale del
mondo. MIMI' Uhè, bellezza! GIULIA Ma quando sei venuto? MIMI' Ora non
posso parlare. Poi ti racconto tutto. Notizie strabilianti. Giù. Ma preferisco
non parlare davanti a questi fetenti, se no cominciano a chiedere prestito, tu
capisci. I frequentatori del salone in coro fanno "uuhhh". MIMI' Hai
visto? GIULIA (sorride, messa di buon umore dalla scena) Vado a prendere le
sigarette, dal tabaccaio, poi dal giornalaio a comprare Vogue, ci vediamo là.
MIMI' O.K. Ragazzi, svelti, che non si fanno aspettare le
signore…
DISSOLVENZA
Dal giornalaio si vede Giulia che fuma una
sigaretta e in P.P. il braccio di Mimì che cala sulla di lei spalla. Giulia si
volta, sorride. Cerca nel borsellino i soldi, paga il giornalaio poi Mimì
dice: MIMI' Vieni, che ora ti racconto tutto. Facciamo due passi. Il
dialogo che seguirà sarà ripreso a stacchi, sullo sfondo di vari punti di
Positano e paesaggi. GIULIA Ma non mi hai ancora detto quando sei
arrivato. MIMI' (con naturalezza) Ieri col vaporetto delle cinque. GIULIA
(contrariamente e sorpresa) Come, sei venuto ieri? MIMI' Sì, sul vaporetto ci
stava pure il suocero di Sasà. GIULIA Ma come, non sei venuto a
cercarmi? MIMI' E non t'ho visto alla Buca? GIULIA Non abito alla Buca,
io… ti pare? MIMI' Uh, non cominciare, eh? Ma scusa, perché. Credevo che
venissi alla Buca, non sei venuta e allora mi sono detto: uh, Giulia starà
facendo qualche altra cosa. Che c'è di strano? GIULIA (contrariata) Di strano
non c'è mai niente. Tranne te. … poi decide di non fare la scocciatrice.
Tanto Mimì si sa com'è, e allora sorride e per cambiare argomento
dice: GIULIA Bè, e tutte le cose che mi dovevi raccontare? MIMI' (felice
della diversione, sorride) Pensa non ti dico altro: ho pagato tutti i debiti che
tenevo. Una cosa che farà epoca. GIULIA Dimmi piuttosto la cosa più
importante, dove li hai presi? MIMI' Una semplice formalità. GIULIA Non
avrai firmato delle carte, cambiali o altro spero. MIMI' Io una firma l'ho
messa. Ma non si tratta di cambiali. Non ti preoccupare. Un semplice atto
pubblico. GIULIA Per favore, adesso mi fai morire di curiosità. MIMI' Mi
sono sposato, no. GIULIA (sconcertata) Sposato? MIMI' (divertito dal suo
stupore) Non ci avevi pensato, dì la verità. GIULIA (quasi tra sé)
No. MIMI' E tengo pure un figlio. GIULIA (sbotta un po') Ma insomma la
finisci di fare lo stupido. Che stai dicendo?
Mimì la guarda, forse
comincia a capire, insomma la sua allegria scompare, diventa serio. MIMI'
Niente, mi sono sposato a una svizzera che teneva un figlio illegittimo, così
col matrimonio il figlio ha un nome. Poi divorziamo, la cosa è semplice, e io
torno libero come prima. Ecco tutto. GIULIA E chi è questa… questa svizzera,
questa signorina, come si chiama. MIMI' E che ne so. Eva, mi pare. Io l'ho
vista mezza volta. La cosa l'hanno fatta tutta gli avvocati. Ma quando siamo
andati ai Galli l'hai vista? GIULIA (di nuovo ferita) Ai Galli? Questo è
l'affaruccio che dovevi fare? MIMI' Eh, ma non fare quella faccia. GIULIA
Sicchè ho fatto la paraninfa. MIMI' Mo che vuol dire sta parola? GIULIA
Oh, addio, gira col vocabolario… Ma a chi lo vuoi dar da bere tutto questo
candore? MIMI' Ma che dici, Giulia? Quella aveva bisogno di uno per i fatti
suoi. Cosa mi interessa chi è, chi non è, la ninfa!… Giulia si ferma
guardando per terra come un toro. La sua voce è un po' tremante per pianto e per
rabbia. GIULIA (sbottando assurdamente) Ma è un caso umano, accidenti, c'è un
bambino che gira col tuo nome, ma vorrei sapere chi è perché ce ne aveva bisogno
del tuo nome, chi l'ha fatto sto bambino… (imitando grottescamente la voce di
Mimì) mi sono sposato a una svizzera che tiene un figlio… L'ha risolta così lui…
Fai pure lo spiritoso… MIMI' (interrompendola in modo abbastanza perentorio)
Giulia, è un lavoro… a te t'interessa il caso umano della "Cucine e posti
d'Italia"? GIULIA Ma non dire cretinate… Lo capisci che non si può essere
così assurdi come te? Tu urti, passi, arraffi, afferri, ridi… Rubi diamanti…
Fingi di trovarli… vai in Grecia e non vedi il … riconosci i figli e non sai
neanche di chi … per cosa, per chi? Per stare a Positano a fare il bagno, con
quattro… MIMI' Perché a te ti pare che non ne vale la pena? GIULIA (lo
guarda con rancore) Come lo fai tu, no. MIMI' (dopo una breve esitazione,
tenta un tono conciliante) Giulia, che ti viene? GIULIA Mi viene che sei un
incosciente senza speranza… (poi aggiunge piano, come fosse in colpa) Anche sul
piano dell'amicizia… MIMI' Ma io ero venuto per darti una notizia allegra, se
la pigli così, non ti capisco più. Che sei mia mamma? O sei papà. Se avessi
detto a loro quello che ho detto a te, loro avrebbero reagito tale e quale. Ma
tu no. Tu sei una ragazza spregiudicata, l'hai detto tu, eh. E poi non ho visto
il Partenone, mica io faccio il tuo mestiere. A te ti pagano per vedere le cose,
a me no. Perciò se lo voglio vedere lo vedo, se no, no. GIULIA (sfiduciata
dalla svolta che ha preso il discorso di Mimì) E' inutile, io credevo di
conoscerti. Ma tu sei al di là dell'immaginazione. Io non ti conosco
affatto. MIMI' E va bè, tutti mi conoscono e tu non mi conosci, che ci posso
fare? La MACCHINA inquadra la faccia di Giulia e nei suoi occhi passa
qualcosa di definitivo, ma senza l'animosità di prima, anzi c'è nel suo dolore
una certa comprensione, una obbiettiva valutazione della sua
storia.
DISSOLVENZA
E' un tardo pomeriggio, ancora chiaro, ma il
sole è già tramontato. La spiaggia a quest'ora ha un ambiente più autentico. Si
vedono le paranze già pronte per l'uscita notturna, si sentono nell'aria
richiami di marinai, si vede qualche bambino accompagnato dalla madre che porta
la colazione - di solito un grosso pezzo di pane imbottito - al padre. Alcuni
pescatori sovraccarichi di cumuli di reti e di attrezzi si dirigono verso le
imbarcazioni. Qualche paranza prova la fiamma del carbuto per la
lampara. Mimì, con un maglione blu arrotolato al collo, sta seduto sopra la
spiaggia di fronte alla paranza sulla quale i pescatori già stanno mettendo
ordine, e aspetta i compagni. Fuma. Lo vediamo così, poi si volta e alza un
braccio: stanno arrivando con l'aria allegra Cocò e Frichì. Frichì senza dire
una parola tira fuori una bottiglia di cognac. FRICHI' Pure a questo ho
pensato. Carlos Primero. Se fa freddo. Mimì piglia la bottiglia, la stappa e
ne beve un sorso. MIMI' Buono. FRICHI' Dà qua, questo più tardi. Mentre
parlano così arriva anche Pelos con Giovannella. Appena lo vedono i tre prendono
un'aria sufficiente e stanca. Pelos se ne accorge e dice: PELOS Non vi
preoccupate, lei vorrebbe venire, ma sa già che non viene. GIOVANNELLA Come
siete ridicoli, state sempre appresso alle ragazze e quelle nemmeno vi badano,
poi tutt'a un tratto… MIMI' Ci divertiamo di più tra di noi, va
bene. GIOVANNELLA Ma se vi vedete tutto il giorno, che divertimento ci
sta? COCO' Pure a te ti vediamo tutto il giorno? PELOS In Inghilterra ci
stanno i club dove le donne non possono accostare. Ogni tanto si sente il
bisogno… il nostro club sta là… Ed indica la barca in mezzo al mare, dalla
quale già i pescatori li chiamano. GIOVANNELLA Ciao. Volta le spalle e se
ne va. Pelos la rincorre e tra i sorrisi furbeschi dei ragazzi, si vede Pelos
che le mette una mano sulla spalla, le parla all'orecchio come per rabbonirla, e
poi soddisfatto, pacificato, ritorna nel gruppo. MIMI' (con gesti di
contenuta esasperazione, verso Pelos) Pelò… Uuuh! Io or ora me la sono scansata
una, e tu, l'esempio mio non ti dice niente? E tu insisti, tu… Intanto Mimì
si arrotola il pantalone e mette i piedi nell'acqua diretto alla barca distante
uno o due metri dalla spiaggia. MIMI' Venite! Sentite come è calda! Stasera
salgono a galla… i totani… Ad uno ad uno salgono sulla barca. Si sentono
nell'aria parole slegate, fuori campo: " Io direi alla secca del monacone".
"Ciccì, che ne dici è meglio verso Nerano o verso Punta Furore?". Intanto la
barca si scosta dalla spiaggia, si sente il primo scoppio di motore, e dopo
varie prove e controprove, tra urlati consigli e qualche risata, la barca si
allontana verso l'alto mare. E' buio adesso. Si sentono voci allegre,
eccitate, risatine. … E nasce tra le altre una voce che dice: "Come dice
sempre il farmacista?" Tutti in coro prima piano, poi ripetuto in varie scale
musicali, come una fuga di Bach: … e va bene cosa da niente tutto si
accomoda pacatamente.